Per sopravvivere alla crisi d'astinenza da sondaggi, stiamo scrivendo - per il quotidiano Liberal - una breve serie di ricostruzioni storiche sui più clamorosi flop dei sondaggisti. Domani inizieremo questo viaggio nel passato con le elezioni presidenziali americane del 1948. Ecco l'articolo, in anteprima per i lettori di The Right Nation.
Un vantaggio di quasi due milioni e mezzo di voti (più del quattro per cento delle schede valide), 303 voti elettorali conquistati contro 189, 27 stati vinti contro 15. Con il senno di poi, non sembra proprio che la vittoria del democratico Harry S. Truman sul repubblicano Thomas Dewey, alle elezioni presidenziali americane del 1948, fosse particolarmente difficile da prevedere. Eppure le elezioni del 1948 sono ancora ricordate, negli Stati Uniti, come il primo clamoroso flop della “scienza” dei sondaggi.
Alla vigilia del voto, tutti gli istituti di ricerca assegnarono la vittoria a Dewey, con un vantaggio che oscillava tra i 5 e i 15 punti percentuali. A cadere rovinosamente in questa trappola statistica fu anche Gallup, che pure era reduce da una serie di previsioni particolarmente precise, iniziate con quella dell’inaspettato “cappotto” rifilato nel 1936 da Franklin D. Roosevelt al governatore del Kansas, Alf Landon. I giornali statunitensi si fidavano così ciecamente dei sondaggisti che più d’uno - clamoroso fu il caso del gigantesco titolo di prima pagina del Chicago Tribune («Dewey Beats Truman») - andò in stampa prima che lo spoglio delle schede arrivasse ad un punto significativo.
Ma cosa andò storto? Il problema principale fu che gli istituti di ricerca - ormai convinti della vittoria di Dewey - smisero di fare sondaggi più di due settimane prima del voto. Ma nel 1948, oltre a Truman e Dewey, c’erano due forti candidati “indipendenti” (entrambi scissionisti del partito democratico) capaci di complicare qualsiasi tentativo di previsione. Il primo, Henry A. Wallace, vicepresidente di Roosevelt dal ’41 al ’45, aveva abbandonato i democratici “da sinistra” per fondare il Progressive Party e tentare l’avventura presidenziale in solitaria. Il secondo, il senatore (ed ex governatore) della South Carolina, Strom Thurmond, correva sotto le insegne degli States’ Rights Democratic, fazione segregazionista dei democratici del Sud. Nell’ultima settimana, però, gran parte del consenso accumulato da Wallace e Thurmond si spostò verso i due candidati maggiori, che avevano le maggiori probabilità di vittoria. A beneficiare di questa onda di ritorno, non intercettata dai sondaggisti, fu soprattutto Truman, il candidato del partito di provenienza dei due “ribelli”.
«Abbiamo sbagliato a fermarci due settimane prima del voto - avrebbe spiegato molti anni più tardi alla televisione pubblica americana (Pbs) Alec Gallup, figlio di George Gallup Sr., fondatore del più famoso istituto di ricerca del mondo - e si trattò di un errore imperdonabile. Ma ci fu anche un altro fattore che non viene spesso menzionato: il voto per Wallace collassò nei giorni immediatamente precedenti alle elezioni, come spesso accade per il candidato del “terzo partito”». Wallace, che alla fine conquistò il 2,4 per cento dei consensi (come Thurmond, che però si aggiudicò anche i 39 voti elettorali di Louisiana, Mississippi, Alabama e South Carolina), era stato sempre visto dai sondaggisti con numeri che oscillavano intorno al 10 per cento. «Quasi tutti questi voti - conclude Gallup - finirono nella colonna del partito democratico. E questo fece sballare tutte le nostre previsioni». Un altro problema fu la selezione del campione, che negli anni Quaranta era ancora piuttosto rozza. E proprio il flop del ’48 spinse gli istituti di ricerca, nel decennio successivo, a cercare un approccio più sofisticato (il cosiddetto probability sampling).
La vittoria di Truman provocò più di un danno ai sondaggisti, che persero credibilità, clienti e milioni di dollari. Nessuno, però, rimase scottato come Dewey, che avrebbe ricordato a lungo la notte in cui si addormentò Presidente degli Stati Uniti d’America e si risvegliò pensionato.
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