martedì 16 novembre 2010

La nostra destra

La destra crede in una cosa sopra tutte le altre: la Libertà.

La destra vuole meno tasse. E vuole meno stato.

La destra crede negli italiani, e per questo rispetta la volontà che hanno espresso alle elezioni politiche.

La destra crede che lo stato, come il Governo, siano troppo spesso un  problema. Non la soluzione dei problemi.

Per questo la destra vuole più mercato e sa bene che, anche in italiano, le parole "sono del governo e sono qui per aiutarla" suonano molto male.

La destra ritiene meritevoli di apprezzamento tutti i cittadini che fanno impresa, non solo quelli che danno da lavorare agli immigrati onesti.

La destra è orgogliosa delle proprie missioni in Kosovo, Afghanistan e Iraq perché è convinta di essere stata e di essere, come molte altre volte è accaduto, dalla parte giusta della storia. Non si vergogna di dirlo, e per questo lo ribadisce con forza. E cita tutte queste missioni di pace, non una soltanto.

La destra ricorda Falcone e Borsellino come due eroi e ricorda con altrettanta chiarezza quelli che stavano contro Falcone e Borsellino.

La destra crede che siano per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti ci sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità.

(cross-posted @ Freedomland)

giovedì 4 novembre 2010

The Ugly Truth

Hanno avuto il coraggio di chiamarla "mezza vittoria", dimostrando in un colpo solo tutta l'ignoranza e la disonestà intellettuale che caratterizzano - ormai da decenni - il cosiddetto giornalismo italiano. Perfino Obama, come scrive oggi Alessandro Tapparini su America 24, è stato costretto ad ammettere lo shellacking, la batosta. Ma i fatti sono ormai diventati un fastidioso inconveniente, per chi utilizza la propria professione allo scopo di distorcere la realtà e propagandare il pensiero unico. Proviamo dunque a guardarne qualcuno in faccia, di questi fatti, tanto per fingere di riequilibrare l'ordine cosmico.

• Anche i sassi obamiani sapevano perfettamente che la conquista del Senato da parte del GOP era - nella migliore delle ipotesi - un “long shot”. In ballo c'era poco più di un terzo dei seggi, con 41 democratici (su 59) che hanno avuto la straordinaria fortuna di non partecipare a questo ciclo elettorale. Per ottenere la maggioranza della camera alta, i repubblicani avrebbero dovuto vincere praticamente ovunque. E soprattutto in stati dove - appena due anni fa - Obama aveva dilagato con distacchi in doppia cifra. Il tentativo di spacciare un "non miracolo" per una "mezza vittoria" è semplicemente patetico. La realtà è che, fino a uno anno fa, i democratici avevano una supermajority di 60 seggi che consentiva loro di neutralizzare qualsiasi tentativo di ostruzionismo da parte dei repubblicani. Adesso, di fatto, il Senato (in cui due dei democratici sono Joe Lieberman e Ben Nelson, non dimentichiamolo) è una camera bloccata. Fino al 2012, quando la dinamica delle sfide favorirà nettamente il GOP. Il miracolo, che poi non sarebbe servito a granché, è stato soltanto rimandato.

• Lo tsunami della Camera è stato impressionante. I repubblicani non conoscevano un'affermazione elettorale tanto larga dal 1946 (anche in quel caso si trattò di una sorta di referendum sulla politica economica di Truman). Sono "saltati" incumbent democratici che vincevano a mani basse da decenni. Il simbolo è senz'altro Ike Skelton (4° distretto del Missori), eletto per la prima volta nel 1976 e rieletto per 17 volte consecutivamente, battuto dalla congresswoman locale Vicky Hartzler. Ma la mappa elettorale è piena di pick-up repubblicani che non erano sul radar degli analisti. Nell'8° distretto del Minnesota (solid democratic, per il NYT), un mese prima delle elezioni Nate Silver pronosticava la vittoria dell'incumbent James Oberstar con un distacco di 25 punti sullo sfidante Chip Cravaack. Il repubblicano ha vinto con 4500 voti di vantaggio. E almeno 8 seggi leaning democratic sono stati vinti a sorpresa dal GOP (CA-20, IL-8, IL-10, MO-4, NC-2, NY-13, NY-25, VA-9). Che dire, poi, dei toss-up? Dei 41 distretti considerati "incerti" dal NYT, il GOP ne ha vinti la bellezza di 30: il 73%. Impressionante poi la performance nei distretti giudicati leaning republican o solid republican, in cui i democratici non hanno raccolto neppure le briciole. Quando tutti i voti saranno contati, probabilmente scopriremo che per trovare un "mandato popolare" analogo a favore del GOP bisogna tornare indietro fino al 1928.

• Il vero "colpaccio", però, il GOP lo ha messo a segno nei parlamenti statali. Soprattutto visto che le state legislatures, in 44 stati, sono responsabili di uno dei processi più importanti e controversi del sistema politico statunitense: la definizione dei confini per i distretti della Camera. Quest'anno, i repubblicani hanno strappato ai democratici il controllo di almeno 19 state legislatures (con un guadagno stimato intorno ai 650 seggi). Era dal 1994 che il GOP non otteneva un risultato del genere. Ed era dal 1928 che il GOP non controllava un numero così alto di parlamenti statali. All'inizio di questa settimana il bilancio era di 60 a 36 a favore dei democratici. Oggi è di 55 a 38 a favore dei repubblicani. In Minnesota i repubblicani hanno il controllo del Senato locale per la prima volta nella storia americana. In Alabama e North Carolina, i repubblicani hanno il controllo della Camera per la prima volta dagli anni della Reconstruction. Si tratta di "uno swing di proporzioni storiche". E a dirlo non è Sarah Palin, ma Tim Storey, senior fellow alla National Conference of State Legislatures. Dopo il censimento del 2010, almeno 18 stati saranno costretti a modificare i confini dei propri distretti per la Camera. Il GOP ne controlla totalmente (anche a livello di governatore) almeno una dozzina. E per chi si culla nell'illusione che l'avanzata repubblicana sia in qualche modo limitata a livello geografico, ecco qualche dato in ordine sparso. In Wisconsin e New Hampshire sono passati di mano (largamente) sia Camera che Senato. Il GOP ha conquistato le camere di Indiana, Pennsylvania, Michigan, Ohio, Iowa, Montana e Colorado. Oltre a quello del Minnesota, il GOP ha conquistato il Senato del Maine. Le camere di Texas e Tennessee sono passate da un pareggio di fatto ad una super-maggioranza repubblicana. Una "mezza vittoria" davvero impressionante.

• Con un articolo-spazzatura che sembra quasi la traduzione del lavoro di qualche collega italiano, Alexandra Moe di Msnbc.com sostiene una tesi bizzarra: "Soltanto il 32% dei candidati del Tea Party è stato eletto". La metodologia utilizzata dalla Moe per "incasellare" i candidati è piuttosto oscura, tanto che Left Coast Rebel identifica senza troppi sforzi un buon numero di esclusi: Kristi Noem, Scott Tipton, John Runyan, Dennis Ross, Mo Brooks, David Schweikert, Nan Hayworth, Alan Nunnelee, Steve Pearce, Scott Rigell, Lou Barletta, Daniel Webster, James Lankford, Chris Gibson, Chip Cravaak, Cory Gardner, Jeff Denham, Bill Huizenga, Tim Huelskamp. E la lista potrebbe continuare. Ma diamo anche per buona la percentuale esotericamente estrapolata dalla simpatica Alexandra. Un movimento nato meno di due anni fa, senza la struttura monolitica di comando di una struttura organizzata, senza vere leve di potere all'interno dei due partiti principali, senza war chest da milioni di dollari, senza dirigenti d'esperienza in grado di districarsi in una lunga e violentissima campagna elettorale, alla prima assoluta di fronte al giudizio degli elettori... raccoglie il 32% di vittorie e si manifesta come "terza forza" decisiva nel quadro di un sistema a prolungata tradizione bipartitica. E questa sarebbe "una sconfitta per i Tea Party"? Ma chi vogliono prendere in giro?

• Si è scritto e parlato molto sulle "divisioni" interne al partito repubblicano. E sul rischio della "deriva populista" imposta dai Tea Party (ma non avevano perso?) al GOP. Pochi - tra cui, da fronti diversi, Bill Kristol e Chris Bowers di Daily Kos - hanno invece notato che queste elezioni di midterm hanno provocato una strage di blue dogs e clintoniani. In particolare, tra gli sconfitti democratici in questo ciclo elettorale si può contare appena il 5% di appartenenti al Congressional Progressive Caucus, contro il 38% di New Dems e il 45% di Blue Dogs. Per la prima volta nella storia del partito democratico, il caucus progressista sarà più numeroso della somma tra blue dogs e new dems. Le implicazioni che questo nuovo equilibrio potrà avere sulla politica estera dell'amministrazione Obama, al momento, si possono soltanto intuire.

• Secondo i calcoli (provvisori) di Michael Barone,  il GOP alla Camera ha conquistato 14 pick-up nel Nordest, 23 nel Sud, 7 nel West e 18 nel Midwest (tra cui 5 in Ohio e 4 nell'Illinois di Obama). Fino a qualche mese fa, fini analisti ci avvertivano del rischio che il partito repubblicano potesse fare la fine di un movimento locale radicato soltanto nella Bible Belt e in qualche isola analfabeta del Mountain West. Oggi scopriamo che i democratici sopravvivono solo nelle aree urbane delle coste e che il GOP è l'unico, vero, partito nazionale degli Stati Uniti d'America. Ci piacerebbe ascoltare l'analisi dei suddetti fini analisti.

Questa intervista alla storica leader femminista Camille Paglia, sfuggita di mano ad Alessandra Farkas, la potete leggere online soltanto su Dagospia, mentre Corriere.it preferisce pubblicare l'intervista (della stessa Farkas) a Gerry, il surfista italiano salvo dopo lo tsunami. Del resto, sempre di tsunami si tratta.

mercoledì 3 novembre 2010

Letture

Tra i tanti, improvvisati, sproloqui che si leggono in queste ore sulla stampa e nella blogosfera italica, fa eccezione - come sempre - Alessandro Tapparini su Jefferson. Per l'analisi post-voto di The Right Nation, appuntamento a domani. UPDATE. L'analisi slitta di 24 ore.

L'onda lunga del GOP

E' stata una lunga notte, ma il dato politico delle elezioni americane di mid-term si è ormai stabilizzato. Il GOP conquista, oltre ogni aspettativa, la Camera (superando abbondantemente il "numero magico" di 39 pick-up). E riduce sensibilmente la maggioranza democratica al Senato (che veniva rinnovato soltanto per un terzo). Arriverà nel 2012, per i repubblicani, il momento di imporsi anche alla camera alta, quando si troverà ad affrontare una stuttura "geografica" della sfida molto più favorevole. E quando lancerà la sua sfida definitiva al presidente Obama, che si ritrova ad affrontare gli ultimi due anni del suo (primo?) mandato privato di quella straordinaria maggioranza che lo aveva accolto alla Casa Bianca nel 2008. Fallito il (falso) appello alla bipartisanhip, Obama dovrà scegliere se ripercorrere le "triangolazioni centriste" di Clinton o se bere fino in fondo il calice di una presidenza estremista che gli americani hanno dimostrato, almeno finora, di non gradire

martedì 2 novembre 2010

Midterm 2010 - Liveblogging



lunedì 1 novembre 2010

Usa 2010 - Round-Up 1 Novembre

• Uno strumento preziosissimo per seguire - senza essere travolti da una valanga di numeri - la lunga notte elettorale tra martedì e mercoledì: The Ultimate Hour-by-Hour, District-by-District Election Guide di Nate Silver per Fivethirtyeight.com.

• Per il sondaggio finale di NBC News/Wall Street Journal, i democratici si preparano ad affrontare "hurricane winds". 

• Secondo Tom Jensen di Public Policy Polling, alla fine Joe Miller dovrebbe riuscire a portare a casa il seggio senatoriale dell'Alaska. Qui tutti i numeri del suo sondaggio su una delle sfide più strane di tutto il ciclo elettorale (che è diventata ancora più strana nelle ultime ore).

• Mentre Obama fa il pienone (di posti vuoti) a Cleveland, George W. fa strike (anche di applausi) alle World Series. In Italia il video non funziona per motivi di copyright, ma su YouTube ci sono almeno un paio (1-2) di discrete versioni amatoriali. Non è mai troppo presto per iniziare con i paragoni. (Update: anche su RCP)

• E' davvero possibile un 50-50 al Senato? Beh, se la distanza tra GOP e Dem nel generic ballot è dell'8%, come nella media RCP, o addirittura del 15% come suggerisce Gallup...

• Previsioni finali Camera: Rothenberg Political Report (+55-65); Cook Political Report (+50-60); Fivethirtyeight (+53); Sabato's Crystall Ball (+55); Election Projection (+62); RealClearPolitics (+67).

• Previsioni finali Senato: Rothenberg Political Report (+6-8); Cook Political Report (+6-8); Fivethirtyeight (+8); Sabato's Crystall Ball (+8); Election Projection (+8); RealClearPolitics (+8).  

venerdì 29 ottobre 2010

Liveblogging per le elezioni di mid-term

USA 2010 - Quarta puntata: il Midwest

Larry Silverbud su Il Foglio di oggi


I giochi, ormai, sono quasi fatti. Dopo una lunga (e durissima) campagna elettorale, il 2 novembre i cittadini americani sono chiamati a rinnovare tutti i 435 seggi della Camera, 37 seggi del Senato (su 100) e 38 governatori. Si tratta di elezioni che incideranno pesantemente sui due anni di mandato che ancora attendono il presidente Obama. E che potrebbero disegnare equilibri impensabili soltanto due anni fa. Lo scenario più probabile, al momento, è quello che vede i repubblicani conquistare il controllo della Camera strappando 45-50 seggi ai democratici e questi ultimi mantenere una ridotta maggioranza al Senato. Ma, a pochi giorni dall’apertura delle urne, i numeri si inseguono come impazziti, mentre gli analisti più attenti cercano di intuire ormai improbabili mutamenti nel mood dell’elettorato. Il nostro viaggio in queste elezioni di mezzo termine si conclude negli stati del Midwest, storicamente molto eterogenei a livello di comportamento elettorale. Ma anche epicentro, in questa stagione politica, di un moto diffuso di “rifiuto” nei confronti del partito che controlla Casa Bianca e Congresso. È proprio nel Midwest che il partito democratico potrebbe conoscere le sconfitte più brucianti. O contenere le perdite per andare incontro a una sconfitta onorevole.


North Dakota
2008: McCain +8%
Sen: Dorgan (D) – open
Cam: GOP 0 DEM 1

Al confine settentrionale con il Canada, a metà strada tra Pacifico e Atlantico, il North Dakota è sempre stato dominato dal GOP, ma nella sua versione più isolazionista e protezionista. Quando, durante il New Deal, queste pulsioni ideologiche sono state completamente assorbite dal partito democratico, il Peace Garden State ha cominciato a eleggere anche congressmen non repubblicani, come il senatore uscente Byron Dorgan, che nel 2010 ha deciso di non ripresentarsi di fronte agli elettori. Strada in discesa, dunque, per l’ex governatore repubblicano John Hoeven che – forte di un indice di approvazione superiore all’80% – sta massacrando nei sondaggi il suo rivale democratico, Tracy Potter (+45-50%). Molto più complicata la situazione nell’unico distretto della Camera, in cui il democratico Earl Pomeroy è in caccia del suo decimo mandato. Appena due anni fa, Pomeroy è stato rieletto con 24 punti di vantaggio, ma in questo ciclo elettorale ha incontrato la durissima resistenza di Rick Berg, che ormai da mesi è avanti nei sondaggi. Vista la mappa dei venti, il favorito è proprio il candidato del GOP.

South Dakota
2008: McCain +8%
Gov: Rounds (R) – open
Sen: Thune (R)
Cam: GOP 0 DEM 1

Il South Dakota è certamente uno degli stati più “rossi” dell’Unione. Fino agli anni Trenta la presenza democratica nelle assemblee locali era quasi inesistente; ha sempre scelto sempre candidati repubblicani alle presidenziali (neppure McGovern riuscì a conquistare lo stato di casa nel 1972); il partito democratico non elegge un governatore dal 1974. Il 2010 non sembra certo l’anno giusto per invertire questa tendenza. E il repubblicano Dennis Daugaard sarà sicuramente il successore del governatore uscente Michael Rounds. Porte sbarrate per i democratici anche al Senato, dove il repubblicano John Thune (che sei anni fa ha clamorosamente battuto il leader della maggioranza democratica Tom Daschle) corre senza oppositori. Più incerta, invece, la sfida nell’unico distretto della Camera, in cui la moderata-democratica Stephanie Herseth Sandlin è insidiata dalla repubblicana Kristi Noem. I sondaggi sono stati altalenanti durante tutta la campagna elettorale, ma neppure il voto contrario all’Obamacare e al “cap and trade” ha messo al sicuro la Sandlin, che nel 2008 era stata rieletta con il 68% e oggi rischia seriamente di perdere il seggio.

Nebraska
2008: McCain +15%
Gov: Heineman (R)
Cam: GOP 3 DEM 0

Le radici repubblicane del Cornhusker State sono profonde. Uno dei pochissimi stati a votare (due volte) contro FDR, il Nebraska dal 1940 al 2008 ha scelto soltanto una volta il candidato democratico alle presidenziali (Lyndon Johnson nel 1964, con una percentuale molto inferiore al suo risultato nazionale). A livello di governatore, invece, le dinamiche elettorali sono sempre state più eterodosse. Non è il caso del 2010, visto che l’incumbent del GOP, Dave Heineman, viaggia con 35-40 punti di vantaggio sullo sfidante democratico, Mike Meister. Anche nei tre distretti della Camera, i repubblicani non avranno alcuna difficoltà a riconfermare i propri uomini. Qualche speranza, all’inizio di questo ciclo elettorale, sembrava poterla avere il democratico Tom White nel 2° distretto (quello della capitale Omaha), ma l’incumbent repubblicano Lee Terry ha quasi subito raggiunto un distacco incolmabile nei sondaggi.

Kansas
2008: McCain +16%
Gov: Parkinson (D) – open
Sen: Brownback (R) – open
Cam: GOP 3 DEM 1

Stato molto “rosso”, a livello federale, almeno dalla fine della Grande Depressione (negli ultimi 94 anni, i senatori non repubblicani sono stati appena tre, l’ultimo nel 1932), il Kansas è sempre stato meno ostile ai democratici a livello di statehouse. Nel 2002, Kathleen Sebelius era riuscita a giocare sulla classica divisione tra moderati e conservatori nel GOP, per finire largamente rieletta nel 2006. Adesso, però, la Sebelius è il ministro della Sanità dell’amministrazione Obama, e il suo vice Mark Parkinson ha scelto di non correre per le elezioni, aprendo la strada all’ex senatore repubblicano Sam Brownback che nei sondaggi ha un vantaggio di 25-30 punti sul democratico Tom Holland. Il seggio del Senato lasciato libero da Brownback sarà difeso con successo dall’ex congressman repubblicano Jerry Moran (+40% contro Lisa Johnston). Più difficile, per i democratici, difendere il loro unico seggio alla Camera nel Sunflower State. Con Kevin Yoder, infatti, molto probabilmente il GOP riuscirà a strappare il 3° distretto che il democratico Dennis Moore avrebbe voluto lasciare alla moglie Stephane. La famiglia Moore ha scelto l’anno sbagliato per questo “passaggio di proprietà”.

Missouri
2008: McCain +0,5%
Sen: Bond (R) – open
Cam: GOP 5 DEM 4

Fino al 2008, Il Missouri era considerato il bellwether state per eccellenza, con la serie più lunga di sostegno al candidato vincente alle presidenziali. Lo Show-Me State ha votato per quello che sarebbe diventato l'inquilino della Casa Bianca ininterrottamente dal 1904 al 2004, con la sola eccezione di Adlai Stevenson nel 1956. Con la vittoria (di misura) di McCain nel 2008 questo status si è un po’ incrinato, ma il Missouri resta uno stato-chiave per capire l’umore dell’elettorato nazionale. All’inizio dell’anno, i democratici puntavano molto sul seggio del Senato lasciato libero dal repubblicano Christopher S. Bond, ma la candidatura di Robin Carnahan (sorella di un congressman, figlia di un governatore e nipote di un senatore) non è mai decollata seriamente. E il GOP dovrebbe riuscire a difendere il seggio con Roy Blunt, anche lui vecchia conoscenza di Washington. Alla Camera, l’unico distretto realmente competitivo è il 4°, dove il democratico settantenne Ike Skelton (giunto ormai al diciassettesimo mandato) sta combattendo la prima, vera battaglia della sua carriera politica contro la repubblicana Vicky Hartzler. E rischia di perderla.



Iowa
2008: Obama +9%
Gov: Culver (D) – open
Sen: Grassley (R)
Cam: GOP 2 DEM 3

Classico swing-state, l’Iowa è rimasto fedele ai repubblicani fino agli anni Venti (nessun senatore democratico eletto dal 1858 al 1924), per poi slittare leggermente verso sinistra, soprattutto dopo gli anni Sessanta. Un metodo sicuro per risvegliare l’istinto conservatore dell’Hawkeye State, però, è comportarsi come il governatore uscente democratico Chet Culver, che in quattro anni è riuscito ad alzare le tasse, deprimere l’economia, concedere il finanziamento pubblico alla ricerca sulle staminali e approvare una legge sui matrimoni omosessuali. Risultato: job approval a picco ed elezione quasi certa dello sfidante Terry Branstad, popolare governatore repubblicano dal 1982 al 1998. Nessun comeback kid, invece, riuscirà a impedire la rielezione del senatore Charles Grassley, che nei sondaggi ha 20-25 punti di vantaggio sulla democratica Roxanne Conlin. Alla Camera, i repubblicani sono in teoria competitivi in tutti e tre i distretti orientali attualmente controllati dai democratici (1°, 2° e 3°), ma la loro chance migliore per un pick-up è nel 3° distretto (quello della capitale Des Moines), dove Brad Zaun è molto vicino all’incumbent democratico Leonard Boswell (76 anni, in cerca dell’ottavo mandato).

Minnesota
2008: Obama +10%
Gov: Pawlenty (R) – open
Cam: GOP 3 DEM (DFL) 5

A lungo roccaforte repubblicana (dal 1860 al 1928 il GOP ha vinto 17 volte su 18 alle presidenziali), dopo FDR il Minnesota ha cambiato decisamente colore (dal 1932 al 2008 i democratici hanno vinto 17 volte su 20) tanto da essere l'unico stato a sottrarsi alla landslide di Reagan del 1984. Il North Star State resta comunque intrinsecamente “indipendente”. E dovrebbe dimostrarlo ancora una volta nel 2010, sostituendo un governatore repubblicano (Tim Pawlenty, uno dei “papabili” del GOP per il 2012) con uno democratico come l’ex senatore Mark Dayton. Il repubblicano Tom Emmer è indietro nei sondaggi, ma non si può ancora escludere una sorpresa. Alla Camera il seggio che sembra più competitivo è quello del 1° distretto al confine meridionale con l’Iowa, anche se l’incumbent democratico Tim Walz – per il momento – resta favorito sullo sfidante repubblicano Randy Dremmer.

Wisconsin
2008: Obama +14%
Gov: Doyle (D) – open
Sen: Feingold (D)
Cam: GOP 3 DEM 5

Per molti anni, la tradizione politica del Wisconsin non è stata né repubblicana né democratica, ma semplicemente progressive. Il simbolo di questo dominio è stata la dinastia fondata da Robert LaFollette all’inizio del XX secolo e proseguita dai figli Robert Jr. e Philip fino agli anni Quaranta. Con lo spostamento a sinistra dei democratici, questa tradizione si è saldamente integrata nel partito, ma il Badger State ha conservato una certa allergia alle ortodossie che ne ha reso poco prevedibile il comportamento elettorale. Nel 2010, i democratici rischiano di subire alcuni duri colpi. Dopo un prolungato calo di popolarità, il governatore James E. Doyle ha deciso di non ripresentarsi, spianando la strada al repubblicano Scott Walker, che sta (per ora) dominando il “derby di Milwaukee” con l’ex sindaco Tom Barrett. A sorpresa (ma neppure troppo), i democratici rischiano di perdere anche il seggio senatoriale di Russ Feingold, che sta faticando moltissimo contro l’imprenditore Ron Johnson. E a completare il quadro di una disfatta annunciata, ci sono anche i due distretti più settentrionali della Camera – il 7° e l’8° – entrambi lasciati “open” da congressmen democratici, in cui i repubblicani Sean Duffy e Reid Ribble sono costantemente in testa nei sondaggi.

Illinois
2008: Obama +25%
Gov: Quinn (D)
Sen: Burris (D) – open
Cam: GOP 7 DEM 12

Se appena un anno fa qualche analista avesse ipotizzato un Illinois – cuore pulsante della political machine democratica e obamiana – terra di conquista repubblicana alle elezioni di mid-term, il suddetto analista sarebbe stato internato nel manicomio più affollato di Chicago. Oggi, invece, questa psichedelica previsione rischia di trasformarsi in realtà. Patt Quin, vice dell’ex governatore (licenziato con impeachment) Rod Blagojevich, è in gravissima sofferenza contro il semi-sconosciuto Bill Brady. Al Senato, il seggio lasciato “open” dal democratico Roland W. Burris (nominato da Blagojevich dopo l’elezione alla Casa Bianca di Obama, che nel 2004 vinse con il 70% dei voti) si è trasformato in uno dei toss-up più emozionanti di tutta la campagna elettorale. Come se non bastasse, il GOP punta a un numero considerevole di pick-up alla Camera. Quasi certo quello nell’11° distretto (a sud di Chicago) da parte del giovane veterano della guerra in Iraq, Adam Kinzinger, ai danni di Debbie Halvorson. Buone possibilità anche nel 14° distretto (sobborghi occidentali di Chicago) con Randy Hultgren contro il freshman Bill Foster, e nel 17° (Rock Island e West Central Illinois) con Bobby Schilling opposto all’ultra-liberal Phil Hare. Il capolavoro finale, poi, si concretizzerebbe se il repubblicano Robert Dold riuscisse a difendere (contro Dan Seals) il seggio del 10° distretto lasciato vacante da Kirk. Se così fosse, il GOP potrebbe riuscire – contemporaneamente – a strappare ai democratici del Prairie State un governatore, un senatore e tre seggi alla Camera (passando da 7-12 a 10-9). Niente male, per lo stato-simbolo di Obamaland.

Indiana
2008: Obama +1%
Sen: Bayh (D) – open
Cam: GOP 4 DEM 5

Era il più democratico degli stati dei Great Lakes. Oggi – scivolone di McCain a parte – è il più repubblicano. E anche nel 2010 l’Hoosier State sembra destinato a regalare qualche soddisfazione al GOP. Con il ritiro del democratico Evan Bayh dal Senato, i repubblicani credono molto nella candidatura-di-ritorno dell’ex senatore Daniel R. Coats, il cui vantaggio nei sondaggi nei confronti dell’ex congressman Brad Ellsworth è oscillato tra il 15 e il 20% durante tutta la campagna elettorale. Alla Camera, poi, almeno un pick-up sembra certo per il GOP, con Larry Bucshon nettamente favorito su William Trent Van Haaften nel seggio lasciato libero da Ellsworth nell’8° distretto. Più difficile, ma non troppo, la sfida nel 9° distretto: il blue dog moderato Baron Hill è in grande difficoltà contro l’avvocato repubblicano Todd Young. Se perdesse, dovrebbe ringraziare soprattutto il proprio voto favorevole all’Obamacare.


Michigan
2008: Obama +16%
Gov: Granholm (D) – open
Cam: GOP 7 DEM 8

La storia elettorale del Michigan è cambiata con gli scioperi degli anni Trenta, che hanno trasformato uno degli stati più repubblicani dell’Unione (71% per Hoover nel 1928) in uno swing-state con forti scivolamenti a sinistra. Il Wolverine State è nettamente diviso in tre: da una parte Detroit, bastione democratico; dall’altra le contee outer state, che hanno conservato la loro tradizione repubblicana; in mezzo i sobborghi, che oscillano tra i due partiti e che in genere decidono chi vince (e chi perde). Nel 2010, dopo il ritiro della sempre meno popolare Jennifer M. Granholm, i repubblicani hanno ottime possibilità di riconquistare la poltrona di governatore: l’imprenditore-maverick Rick Snyder ha 15-20 punti di vantaggio sul democratico Virg Bernero, sindaco di Lansing. Anche alla Camera, il GOP punta a un paio di pick-up. Molto probabile quello di Gary McDowell nel 1° distretto che comprende tutta la upper peninsula, nel seggio lasciato libero da Bart Stupak (quello dell’emendamento anti-aborto sulla riforma sanitaria). Discrete chance anche per Tim Walberg che cerca la rivincita contro Mark Schauer nel 7° distretto. Meno probabili, ma non impossibili, le vittorie repubblicane anche nel 9° e nel 15° distretto. Ma in questo caso si dovrebbe parlare di un massacro.

Ohio
2008: Obama +4%
Gov: Strickland (D)
Sen: Voinovich (R) – open
Cam: GOP 8 DEM 10

Swing-state per eccellenza (e sogno infranto dei democratici) alle presidenziali del 2004, l’Ohio si conferma snodo cruciale per le dinamiche elettorali statunitensi anche nel 2010. I repubblicani non dovrebbero avere troppi problemi a conservare il seggio del Senato lasciato libero da George V. Voinovich. Dopo un inizio equilibrato di campagna, l’ex congressman Rob Porter (che ha avuto un doppio ruolo durante l’amministrazione Bush) ha preso il largo nei sondaggi contro l’ex vicegovernatore democratico Lee Fisher. A proposito di governatori, il GOP ha buone chance di mandare a casa l’incumbent Ted Strickland che l’establishment democratico, Obama in testa, sta disperatamente tentando (a colpi di comizi) di difendere dall’assalto dell’ex congressman John R. Kasich. Malgrado lo sforzo, Kasich conserva ancora 3-4 punti di vantaggio nei sondaggi. E resta (leggermente) favorito. La vera batosta per i democratici, però, potrebbe arrivare dalla Camera. Il GOP vede chiaramente a portata di mano almeno tre pick-up nel Buckeye State: nel 1° distretto (Cincinnati e dintorni) Steve Chabot è nettamente avanti nella sua rivincita contro Steve Driehaus; nel 15° distretto (la parte occidentale di Columbus e i suoi sobborghi) l’incumbent democratica Mary Jo Shivers è in grande difficoltà contro Steven Stievers, da lei battuto per un soffio nel 2008; nel 16° distretto (a sud di Cleveland) un altro incumbent democratico, John Boccieri, sta soffrendo più del previsto contro Jim Renacci in una sfida tutta italo-americana. Tre pick-up sarebbero molti, ma il GOP punta ancora più in alto. In caso di “onda rossa” anche il 18° distretto sembra a portata di mano per Bob Gibbs. E (in qualche sogno particolarmente spinto) ci sono repubblicani che hanno sul radar anche il 6° e il 13° distretto. Ma sarebbe troppo, davvero troppo.

Pennsylvania
2008: Obama +11%
Gov: Rendell (D) – open
Sen: Specter (D) – open
Cam: GOP 7 DEM 13

Se l’Ohio potrebbe essere una Waterloo per i democratici, in Pennsylvania il rischio è quello di un disastro nucleare. Geograficamente più spostato verso Nordest, in questo ciclo elettorale il Keystone State si sta comportando esattamente come il resto del Midwest (e questo è il motivo per cui l’abbiamo inserito in questa categoria). Ma andiamo con ordine. La poltrona di governatore, lasciata libera dal democratico Edward G. Rendell, dovrebbe andare al repubblicano Tom Corbett, confermando una delle “regole auree” della politica statunitense (dal 1954, il governatore della Pennsylvania cambia partito ogni otto anni). Più dura la sfida al Senato, con il democratico Joe Sestak (che alle primarie ha battuto l’ex repubblicano Arlen Specter) opposto a Pat Toomey, ex congressman, ex presidente del Club for Growth e favorito dei Tea Party. Toomey, che all’inizio della campagna era considerato “troppo a destra” per la Pennsylvania, è stato a lungo in testa nei sondaggi. Nell’ultima settimana Sestak si è riavvicinato, ma ormai potrebbe essere troppo tardi. In caso di esplosione atomica nelle corse a livello statale, le scorie radioattive potrebbero diffondersi rapidamente anche alla Camera. In due distretti i repubblicani sono nettamente favoriti per il pick-up: nel 3° distretto (Earie County) la freshman Kathy Dahlkemper ha i giorni contati contro il venditore d’auto (ed ex giocatore di football a Notre Dame) Mike Kelly; nell’11° distretto (Scranton e i suoi sobborghi), per il repubblicano Lou Barletta dovrebbe finalmente essere arrivato il momento giusto per sconfiggere l’incumbent Paul E. Kanjorski, in carica dal 1984, che lo ha già battuto tre volte. I candidati del GOP, poi, sono in testa anche nel 7°, nell’8° e nel 10° distretto, anche se in questi casi si tratta di sfide più equilibrate. Poi c’è la mina vagante di toss-up puro nel 12° distretto occidentale, per difendere il quale si è mosso addirittura il vicepresidente Biden. La Pennsylvania, insomma, sembra una perfetta riproduzione in scala delle elezioni di mid-term. I democratici potrebbero perdere il governatore, ma potrebbero anche limitare i danni in extremis conservando il loro seggio al Senato; potrebbero subire 2 o 3 pick-up alla Camera (probabilmente consegnandola al GOP con una risicata maggioranza), ma potrebbero anche subirne 4 o 5, e in questo caso ci si troverebbe di fronte ad un vero “riallineamento” elettorale, di quelli che scuotono le fondamenta del sistema politico e influenzano le generazioni successive. Nella lunga notte del 2 novembre scopriremo quale tra questi scenari si troverà di fronte il presidente Obama nella seconda metà del suo (primo?) mandato.

4/Fine

giovedì 28 ottobre 2010

Usa 2010 - Round-Up 28 Ottobre

• Secondo Nate Silver di Fivethityeight, le chance per il GOP di controllare il Senato sono scese al 12% (dal 14% di ieri). Calano anche le possibilità, per i democratici, di mantenere il controllo della Camera (dal 20% al 17%, con il GOP destinato a guadagnare 53 seggi).

• Dopo essere stata "beccata" a barare durante l'ultimo dibattito televisivo alla CNN, la candidata democratica a governatore della Florida, Alex Sink, scivola nei sondaggi dietro al repubblicano Rick Scott. Blackberrygate.

• Mentre la coalizione che ha portato Obama alla Casa Bianca cade a pezzi, il presidente chiede aiuto ai blogger dell'ultra-sinistra.

• Karl Rove? La US Chamber of Commerce? Le oscure multinazionali nemiche di Obama? Siete fuori strada: i largest single political contributor di questo ciclo elettorale sono... i sindacati dei dipendenti pubblici. Non pensate di trovarlo scritto sui giornali, però.

• Nel Morning Call Tracking del Muhlenberg College sulla Pennsylvania, Pat Toomey riprende il largo (+8% su John Sestak).

• La "chiamata finale" di Larry J. Sabato su Crystal Ball: Camera +55 GOP; Senato +8 GOP; Governatori +8/9 GOP.

mercoledì 27 ottobre 2010

USA 2010 - Round-Up 27 Ottobre

• Walt Minnick, incumbent democratico del 1° distretto dell'Idaho, non è certo un liberal modello: ha votato contro l'Obamacare, il cap-and-trade, lo stimulus e il “disclose act”; si è rifiutato di assicurare il proprio sostegno alla (ri)candidatura di Nancy Pelosi come speaker della Camera; è appoggiato dalla US Chamber of Commerce; fino a ieri aveva addirittura l'endorsement del Tea Party Express (che però adesso ci ha ripensato). Eppure l'onda rossa rischia di travolgere anche lui.

• Nell'ultimo round di sondaggi su alcuni distretti competitivi della Camera effettuato da Penn, Shoen & Berland per The Hill, per i repubblicani arrivano ottime notizie da CO-3, GA-8, PA11, TX-17, SC-05 e FL-02.

• Il pronostico quotidiano di Nate Silver su Fivefirteight assegna al GOP un guadagno di 52 seggi alla Camera (ai repubblicani ne servono 39 per riconquistare la maggioranza).

• Senato: per il GOP si allontanano California e West Virginia; si riavvicina la Pennsylvania.

• Nel 9° distretto della Virginia (il cuneo occidentale dello stato che taglia West Virginia, Kentucky, North Carolina e Tennessee), l'incumbent democratico Rich Boucher - secondo SurveyUSA - a metà ottobre aveva 10 punti di vantaggio sullo sfidante Morgan Griffith. Oggi, sempre secondo SurveyUSA, è sotto di 1.

USA 2010 - Terza puntata: il West

Larry Silverbud su Il Foglio di oggi


Mentre prosegue, verso la West Coast, il nostro viaggio nelle elezioni di mid-term americane, la campagna elettorale elettorale entra nella sua fase più calda. Nell’ultima settimana, secondo analisti e pronosticatori di professione, sono aumentate ulteriormente le possibilità che il GOP riconquisti la Camera (75% secondo Nate Silver di Fivethirtyeight.com; 85-90% secondo i “mercati virtuali” sui quali si scommette denaro vero), con un guadagno netto che viene stimato tra i 40 e i 60 seggi. Notizie migliori, per i democratici, arrivano da alcune corse per il governatore (Maine, Minnesota) e dal Senato (che viene rinnovato solo per un terzo), in cui però una maggioranza repubblicana è sempre stata considerata abbastanza improbabile (17% secondo Fivethirtyeight.com). Il problema, per il partito di Obama è che le sfide per il Senato stanno generalmente diventanto più incerte, comprese quelle in cui i repubblicani sono in svantaggio. E con un generic ballot che continua a premiare il GOP (+7,2% nella media di RealClearPolitics) il rischio di un’onda rossa in grado di travolgere entrambi i rami del Congresso non è ancora stato del tutto scongiurato. Ma cerchiamo di capire come questo clima elettorale sta influenzando gli stati dell’Ovest, che comprendono sia zone della costa fedelissime al partito democratico sia zone interne repubblicane da sempre.

New Mexico
2008: Obama +15%
Gov: Richardson (D) – open 
Cam: GOP 0 DEM 3


Da anni, ormai, il New Mexico è un’isola tendente al blu nel mare rosso del Mountain West repubblicano. Con una maggioranza di popolazione ispanica (fedele al partito democratico), soprattutto nel nord dello stato, il GOP riesce in genere a conquistare soltanto le contee sud-est al confine con il Texas. Malgrado questa prevalenza democratica, la Land of Enchantment potrebbe riservare qualche sorpresa nel 2010. Al Senato non si vota, ma nella sfida per la poltrona di governatore lasciata libera da Bill Richardson, per ora i sondaggi vedono favorita la district attorney repubblicana Susana Martinez, che ha una 8-9 punti di vantaggio sull’ex vice di Richardson, Diane Denish. Il GOP, poi, ha buone chance di strappare ai democratici il controllo del 2° distretto della Camera (quello più simile al Texas sotto il profilo demografico), dove l’ex congressman repubblicano Steve Pearce tenta la rivincita contro Harry Teague, che riuscì a batterlo nel 2008.

Colorado
2008: Obama +9%
Gov: Ritter (D) – open
Sen: Bennet (D)
Cam: GOP 2 DEM 5


Nello swing-state del Colorado, il GOP potrebbe aver perso un’occasione d’oro per conquistare un governatore. Bill Ritter Jr. era in fuga dalla statehouse, spaventato dalla candidatura repubblicana dell’ex congressman Scott McInnis. E il democratico John Hickenlooper sembrava destinato a una sconfitta certa. Ma McInnis è stato travolto da uno scandalo (un presunto plagio negli anni Ottanta) e battuto alle primarie dallo sconosciuto Dan Maes. A complicare le cose è arrivato l’ex congressman repubblicano Tom Tancredo (social conservative duro e puro) che, insoddisfatto della candidatura di Maes, è sceso in campo con l’American Constitution Party. Nelle ultime settimane, Tancredo ha rosicchiato gran parte del consenso di Maes e adesso insidia, abbastanza da vicino, lo stesso Hickenlooper. In una corsa a tre con la destra divisa, però, il democratico è il favorito d’obbligo. Sfida emozionante anche al Senato, dove il repubblicano Ken Buck sembrava poter distanziare nei sondaggi l’incumbent (nominato) Michael Bennet. Negli ultimi giorni, però, Bennet ha recuperato gran parte dello svantaggio e la corsa, oggi, è un toss-up puro. Buone notizie per il GOP, invece, arrivano dalla Camera. Cory Gardner dovrebbe riuscire a “riprendersi” il 4° distretto, storicamente repubblicano. E anche nel 3° distretto il repubblicano Scott Tipton insidia da vicino John Salazar (fratello dell’attuale ministro dell’Interno di Obama). In caso di tsunami rosso, poi, i democratici rischiano anche nel 7° distretto, che comprende gran parte dei sobborghi di Denver.

Wyoming
2008: McCain +32%
Gov: Freudenthal (D) – open
Cam: GOP 1 DEM 0


Come la maggior parte degli stati nel Mountain West, il Wyoming è solidamente repubblicano a livello presidenziale. In più, non spedisce al Congresso un democratico dal 1976. Eppure, quando si tratta di scegliere il proprio governatore, il Cowboy State tende a tradire la propria ortodossia ideologica: i repubblicani hanno vinto solo tre sfide negli ultimi quarant’anni. L’incantesimo sarà quasi certamente spezzato nel 2010. Dopo il ritiro di Dave Freudenthal, l’ex procuratore federale Matt Mead è nettamente favorito nei confronti di Leslie Petersen, ex chairman locale del partito democratico. Mead, vincitore di un’emozionante sfida a tre nelle primarie del GOP, viaggia con 30-35 punti percentuali di vantaggio nei sondaggi. E ci vorrebbe un cataclisma per tenerlo lontano dalla statehouse. Calma piatta, invece, al Senato (non si vota) e alla Camera, dove l’unico distretto resterà saldamente in mano repubblicana con Cynthia Lummis.

Utah
2008: McCain +29%
Gov: Herbert (R)
Sen: Bennett (R) – open
Cam: GOP 2 DEM 1


Lo Utah è uno stato così rosso che anche un senatore repubblicano capace di ottenere un lifetime rating dell’84% da parte dell’American Conservative Union può essere considerato troppo a sinistra. E’ quello che è capitato quest’anno a Robert F. Bennett, “licenziato” dalla convention statale del GOP ancora prima delle primarie. Al suo posto ci sarà Mike Lee, che le primarie le ha vinte contro Tim Bridgewater, ex assistente del giudice della Corte Suprema, Samuel A. Alito. La vittima designata (sotto di 30 punti nei sondaggi) è il democratico Sam Granato. Profondo rosso anche nella sfida per il governatore, con l’incumbent repubblicano Gary Herbert lontano anni-luce dallo sfidante democratico, l’ex sindaco di Salt Lake, Peter Corroon. Le uniche soddisfazioni, per i democratici, arriveranno nel caso in cui il moderato Jim Matheson (come sembra probabile) riuscisse a difendere il 2° distretto (Salt Lake City e metà dei suoi sobborghi) in un anno così difficile per il suo partito.



Arizona
2008: McCain +9%
Gov: Brewer (R)
Sen: McCain (R)
Cam: GOP 3 DEM 5


Mutato da democratico a repubblicano dopo la “rivoluzione dell’aria condizionata” (che di fatto permise una vita dignitosa anche nel deserto e alimentò una forte immigrazione dal Midwest), l’Arizona sta lentamente tornando democratico a causa del fortissimo aumento della popolazione di lingua spagnola. Questo trend si è interrotto di schianto, nel 2010, dopo le polemiche sulla legge anti-immigrazione voluta dal Gran Canyon State e fortemente avversata dall’amministrazione Obama. Da che parte stia la maggioranza dei cittadini dell’Arizona si capisce osservando i sondaggi per la sfida a governatore, che vedono ancora comodamente in testa l’incumbent repubblicana Jan Brewer, data per spacciata all’inizio dell’anno e protagonista di una pessima campagna elettorale. Lo scontro sull’immigrazione ha blindato anche il seggio senatoriale di John McCain (lo stesso che fu di Barry Goldwater), sempre più a destra dopo il 2008. Buone notizie per il GOP anche dalla Camera. Nel 1° distretto (al nord-est), sembra in vantaggio il repubblicano Paul Gausar nei confronti dell’incumbent Anne Kirkpatrick. E ci sono discrete possibilità di pick-up anche nel 5° distretto per David Schweikert contro il conservatore-democratico Harry Mitchell. In caso di affermazione poderosa del GOP a livello nazionale, poi, i repubblicani potrebbero avere qualche chance anche nei due distretti più meridionali, il 7° e l’8°. 

Nevada
2008: Obama +12%
Gov: Gibbons (R) - open
Sen: Reid (D)
Cam: GOP 1 DEM 2


L'87% degli elettori del Silver State vive in sole due contee: Clark (quella di Las Vegas, al confine sud-occidentale con l'Arizona) e Washoe (quella di Reno, al confine nord-orientale con la California). Mentre in tutto il resto dello stato - deserto e poco di più - dominano i repubblicani, a Las Vegas e Reno la situazione è molto più equilibrata, con una preferenza più marcata verso i democratici negli ultimi anni. Questo ha portato il Nevada al suo perenne ruolo di swing-state, che nel 2010 è ben interpretato dalla sfida tra il leader democratico del Senato, Harry Reid, e la “campionessa” dei Tea Party, Sharron Angle. La corsa tra Reid e la Angle, di cui si è scritto moltissimo, è uno dei toss-up che decideranno il controllo del prossimo Senato. Più scontata, invece, sembra la sfida per la poltrona di governatore, dove il democratico Rory Reid (figlio di Harry) non ha molte chance nei confronti dell’ex giudice federale Brian Sandoval, che si è sbarazzato dell’incumbent Jim Gibbons alle primarie repubblicane. E per cui molti analisti prevedono un futuro a livello nazionale. Equilibrio anche alla Camera, dove l’unico seggio in bilico è quello del 3° distretto, in cui l’incumbent democratica Dina Titus è insidiata dall’ex senatore statale repubblicano John Heck. Toss-up puro.

California
2008: Obama +24%
Gov: Schwarzenegger (R) – open
Sen: Boxer (D)
Cam: GOP 19 DEM 34


La storia elettorale della California è sempre stata dominata dallo scontro nord-sud ed est-ovest. Oggi resiste soltanto questa seconda divisione, con i democratici fortissimi nelle aree (urbane) della costa e i repubblicani vincenti nelle contee interne dell’est. Lo squilibrio demografico tra le due aree favorisce in genere i democratici. Ma quest’anno il GOP sembra competitivo sia nella corsa per il governatore che in quella per il Senato. Per la successione ad Arnold Schwarzenegger, l’ex ceo di eBay, Meg Whitman, sfida il vecchio marpione democratico Jerry Brown (la sua prima elezione risale al 1970). Il vento anti-establishment aveva spinto la Whitman in testa nei sondaggi durante l’estate, ma nelle ultime settimane Brown si è riportato davanti (soprattutto dopo il “caso” della domestica immigrata illegalmente assunta dalla Whitman). Il trend favorevole a Brown sembra però rallentare. E a due settimane dal voto tutto sembea ancora possibile. Emozionante anche la sfida per il Senato tra l’incumbent ultra-liberal Barbara Boxer e l’ex ceo di Hewlett Packard, Carlie Fiorina. Dopo uno scontro milionario a colpi di spot, le due candidate sono separate da un paio di punti percentuali nei sondaggi (con la Boxer leggermente davanti). Più stazionaria, invece, la situazione alla Camera, con i due partiti che stanno difendendo con successo il loro territorio. Nell’elenco dei possibili pick-up, il GOP punta soprattutto all’11° distretto (San Joaquin e Santa Clara) con David Harmer contro l’incumbent Jerry McNerney. Nei loro sogni più spinti, però, i repubblicani sognano di conquistare qualcosina anche in altri quattro distretti (il 18°, il 20°, il 44° e il 47°), ma servirebbe un’onda rossa davvero imponente. Come quelle che spazzano la costa del Pacifico.

Hawaii
2008: Obama +45%
Gov: Lingle (R) – open
Sen: LeMieux (R) – open
Cam: GOP 1 DEM 1


Le Hawaii sono sempre state una roccaforte blu scura nel blu dell’Oceano Pacifico. Ma negli ultimi anni la political machine democratica si è un po’ appannata. Tanto da permettere alla repubblicana Linda Lingle di essere eletta (nel 2002) e rieletta (nel 2006) governatore. Dopo il suo ritiro forzato, i democratici erano sicuri di riconquistare l’Aloha State senza troppi sforzi. Ma l’ex hippy (si è deciso a tagliare il codino solo negli anni Novanta) ed ex congressman Neil Abercrombie, che a giugno aveva 25-30 punti di vantaggio nei confronti dell’ex vice-governatore repubblicano Duke Aiona, nelle ultime settimane ha visto il suo distacco ridursi al 2-3%. Se Aiona riuscisse a vincere, si tratterebbe di una delle rimonte più clamorose della storia elettorale americana. Al Senato, invece, l’incumbent democratico Daniel Inouye viaggia verso una tranquilla riconferma. E, questa volta a sorpresa, alla Camera potrebbe essere riconfermato nel 1° distretto (Honolulu) anche il repubblicano Charles Djou, vincitore di una special election parziale nel maggio di quest’anno. Sarebbe un vero e proprio schiaffo a Obama nello stato che gli ha dato i natali.

Oregon
2008: Obama +16%
Gov: Kulongoski (R) – open
Sen: Wyden (D)
Cam: GOP 1 DEM 4


In gran parte montagnoso o desertico, con la maggior parte della popolazione concentrata nelle zone urbane (e democratiche) della Willamette Valley, l’Oregon è stato repubblicano nei primi 80 anni della sua storia. Ma si trattava di una tinta estremamente progressive del repubblicanesimo. E una volta che, con FDR, i progressive sono diventati parte integrante della coalizione democratica, l’Oregon è diventato sempre più blu. Il Beaver State è anche la sede della più lunga serie di sconfitte repubblicane nelle corse a governatore. Una striscia negativa che quest’anno il GOP ha lungamente pensato di interrompere, dopo il ritiro dell’incumbent democratico Theodore R. Kulongoski. Il candidato repubblicano, l’ex stella dell’Nba Chris Dudley (record di stoppate, ma anche di tiri liberi sbagliati consecutivamente) è stato a lungo in testa nei sondaggi. Ma nelle ultime settimane il democratico John Kitzhaber è tornato davanti. E il sogno del GOP rischia di svanire. Proprio come un tiro libero sbagliato all’ultimo secondo di gioco. Al Senato, vita facile per il democratico Ron Wyden. E l’unica speranza di pick-up repubblicano alla Camera è nel 5° distretto, con Scott Bruun molto vicino all’incumbent Kurt Schrader.



Alaska
2008: McCain +22%
Gov: Parnell (R)
Sen: Murkowski (R)
Cam: GOP 1 DEM 0


Stato “rosso” quasi per definizione, l’ Alaska sembrava destinato a riservare poche sorprese in questo ciclo elettorale favorevole al GOP. L’ex vice di Sarah Palin, Sean Parnell, non avrà problemi ad essere riconfermato governatore (anche se lo sfidante democratico, Ethan Berkowitz, ha condotto un’ottima campagna). E nell’unico distretto della Camera, il repubblicano Don Young ha 25-30 punti di vantaggio su Harry Crawford. I fuochi d’artificio, invece, sono inaspettatamente arrivati al Senato. L’incumbent Lisa Murkowski (figlia dell’ex governatore sconfitto nel 2006 dalla Palin) ha infatti perso le primarie repubblicane contro il tea partier, appoggiato proprio dalla Palin, Joe Miller. Invece di ritirarsi in buon ordine, però, la Murkowski ha scelto la sfida rischiosa della candidatura “write-in” (gli elettori dovranno scrivere il suo nome sulla scheda). La mossa ha rimescolato tutte le carte, anche perché negli ultimi sondaggi la Murkowski è molto vicina a Miller. Per il GOP non farebbe molta differenza, visto che entrambi i candidati faranno parte del caucus repubblicano al prossimo Congresso, ma i rischio – concreto – è che ad avvantaggiarsi dalle divisioni sul fronte destro sia il candidato democratico Scott McAdams, che avrebbe perso largamente sia contro la Murkowski che contro Miller.

Washington
2008: Obama +16%
Sen: Murray (D)
Cam: GOP 3 DEM 6


Dopo aver seguito la stessa sorte dell’Oregon, anche l’Evergreen State è oggi largamente in mano ai democratici, soprattutto grazie al loro dominio nell’area urbana di Seattle. Nel 2010 il GOP, più forte nelle contee ad est delle Cascade Mountains, proverà a ribaltare i pronostici al Senato con l’italo-americano Dino Rossi, due volte sconfitto da Christine Gregoire nella corsa per il governatore (nel primo caso dopo un contestatissimo recount che ancora oggi provoca più d’un prurito ai sostenitori repubblicani). Rossi si oppone all’incumbent Patty Murray (“mom in tennis shoes”). E la sfida è stata incertissima fin dall’inizio. Le “montagne russe” dei sondaggi oggi vedono in vantaggio la Murray, ma Rossi in recupero. Vista l’estrema volatilità delle rilevazioni statistiche, la Murray non può ancora cantare vittoria. Alla Camera, con Jaime Herrera il GOP ha ottime possibilità di strappare ai democratici il 3° distretto, lasciato libero da Brian Baird. Qualche chance, per i repubblicani, anche nel 2° (dopo la sconfitta del 2008, John Koster cerca la rivincita contro Rick Larsen) e nell’8° distretto.

Idaho
2008: McCain +26%
Gov: Otter (R)
Sen: Crapo (R)
Cam: GOP 1 DEM 1


Dopo essere stato uno swing-state, per tutta la prima metà del secolo scorso, l’Idaho è diventato un solido stato repubblicano. Tanto solido che dal 1980 i democratici non riescono a mandare un loro rappresentante del Gem State al Senato. E il GOP controlla la statehouse dal 1994. Nel 2010, il governatore repubblicano C.L. Otter non avrà alcun problema ad essere rieletto. Mentre al Senato il distacco tra l’incumbent Mike Crapo e lo sfidante Tom Sullivan supera addirittura il 40%. Alla Camera, invece, nel 1° distretto (uno dei più repubblicani di tutti gli Stati Uniti) i democratici hanno buone possibilità di riconfermare il congressman conservatore Walt Minnick, uno dei pochissimi esponenti del suo partito ad essersi guadagnato il sostegno incondizionato del movimento Tea Party. Una rarità.

Montana
2008: McCain +3%
Cam: GOP 1 DEM 0


Stato rosso alle presidenziali, il Montana ha seguito a lungo la tradizione di “mandare conservatori a Washington e liberal a Helena (la capitale dello stato, ndr)”. Negli ultimi decenni, invece, i repubblicani sono diventati la forza predominante della Big Sky Country, anche se gli elettori continuano a votare senza troppe preclusioni ideologiche. Nel 2010, in Montana non si vota né per il Senato né per rinnovare il governatore. L’unica corsa da seguire, dunque, è quella relativa all’unico distretto della Camera, con l’incumbent repubblicano Danny Rehberg vincerà a mani basse contro il democratico Dennis McDonald.

3/continua

sabato 23 ottobre 2010

Call me Senator

Call Me Senator from RightChange on Vimeo.

From Director David Zucker "Call Me Senator." A super funny but sad look at Barbara Boxer and her distaste for our Military.

venerdì 22 ottobre 2010

Penultimate Predictions

Jay Cost, sul Weekly Standard: «Republicans will gain 61 House seats and 8 Senate seats». Con 240 deputati, il caucus del GOP sarebbe il più numeroso dal 1946.

Tea Party to the Rescue

Peggy Noonan, sul Wall Street Journal, spiega un paio di cose: «Una che i repubblicani non hanno capito e una che i democratici non vogliono ammettere».

mercoledì 20 ottobre 2010

The New Republican Right

Dick Morris, su RealClearPolitics. Lettura obbligatoria (soprattutto in Italia).

USA 2010 - Seconda puntata: il Sud

Larry Silverbud su Il Foglio di oggi


Mentre prosegue, verso il Sud repubblicano, il nostro viaggio nelle elezioni di mid-term americane, si moltiplicano i sondaggi che cercano di definire il mood dell’elettorato a livello nazionale. Rispetto alla scorsa settimana non è cambiato moltissimo. Il distacco tra i due partiti nel generic ballot continua ad oscillare intorno al 7% a favore del GOP. I democratici guadagnano qualcosa al Senato, migliorando le proprie posizioni in alcuni stati considerati toss-up (Washington, Colorado, West Virginia). Per i repubblicani, invece, aumentano ancora le chance di conquistare la Camera, visto il frenetico moltiplicarsi dei seggi democratici che vengono giudicati competitivi in questo ciclo elettorale. La dinamica delle corse più incerte, comunque, è ancora estremamente fluida. Ed è troppo presto per sbilanciarsi in previsioni definitive. Resta, fortissima, la sensazione che il clima generale sia estremamente sfavorevole al partito che attualmente controlla Casa Bianca e Congresso. E per annusare i contorni di questa “rivolta anti-democratica”, non c’è niente di meglio che una gita a Dixieland.

West Virginia
2008: McCain +13%
Sen: Goodwin (D) – open
Cam: GOP 1 DEM 2

Stato repubblicano negli anni successivi alla sua secessione dalla Virginia (1861), il Mountain State si allinea alla coalizione rooseveltiana durante la Grande Depressione, grazie anche alla fortissima presenza degli United Miner Workers. Dagli anni Trenta, elegge quasi esclusivamente candidati democratici al Senato e al Camera, anche se negli ultimi decenni si è spostato decisamente in campo repubblicano a livello presidenziale.
Nel 2010, la sfida più appassionante è quella per il seggio del Senato lasciato libero dalla morte di Robert Byrd. A sfidarsi sono il popolarissimo governatore democratico Joe Manchin, un social conservative che bene si adatta all’istinto ideologico del West Virginia, e l’imprenditore repubblicano John Raese. All’inizio sembrava una vittoria facile per Manchin, ma nell’ultimo mese i sondaggi hanno descritto una vigorosa rimonta di Raese. E adesso il GOP crede al “miracolo”. Per gli analisti, al momento, la corsa è un toss-up puro. Buone possibilità di pick-up, per i repubblicani, anche nel 1° distretto (open) della Camera con David McKinley.

Virginia
2008: Obama +7%
Cam: GOP 5 DEM 6

Sarà tutta concentrata in un pugno di distretti alla Camera la rivincita cercata dai democratici della Virginia dopo l’umiliante sconfitta subita lo scorso anno nella corsa a governatore. Lo stato-simbolo della vittoria obamiana, tornato “rosso” nel giro di 12 mesi con la larghissima vittoria di Bob McDonnell contro Creigh Deeds (+17%), è stato il precursore della ripresa repubblicana. Il GOP non può permettersi una battuta d’arresto proprio ora e proprio nell’Old Dominion. Quest’anno i repubblicani puntano soprattutto al 2° e al 5° distretto – nella parte più meridionale dello stato -  in cui Scott Rigell e Robert Hurt hanno ottime chance di battere i due freshmen democratici, Glenn Nye e Tom Perriello. Se l’onda rossa fosse particolarmente alta, poi, potrebbe essere in pericolo anche l’11° distretto a sud-ovest di Washington D.C. (Fairfax e una parte di Prince William County): Gerry Connolly ha battuto abbastanza agevolmente Keith Fimian nel 2008, ma dopo il 2009 un “ribaltone” non sembra affatto impossibile.

Kentucky
2008: McCain +16%
Sen: Bunning (R) – open
Cam: GOP 4 DEM 2

Stato dalle molteplici sfumature geo-ideologiche, il Kentucky resta solidamente repubblicano a livello presidenziale e leggermente più competitivo nelle sfide per il Congresso. Quest’anno, la corsa più seguita è quella per il seggio del Senato lasciato “open” dal ritiro del repubblicano Jim Bunning. I democratici hanno a lungo sperato nella vittoria dell’attorney general Jack Conway, soprattutto dopo che Rand Paul (figlio di Ron, il paleolibertarian GOP candidato alla Casa Bianca nel 2008) è uscito vincente dalle primarie repubblicane. Le posizioni ultraliberiste del paladino dei Tea Party sembravano fuori luogo nell’humus fondamentalmente socially conservative del Bluegrass State. Ma Paul ha condotto una campagna elettorale misurata e convincente. E i sondaggi lo vedono davanti con un buon margine di vantaggio. Alla Camera, l’unico distretto competitivo è il 3° (il cuore della produzione del bourbon), ma tutto dipenderà dall’intensità della vittoria repubblicana a livello nazionale.

Tennessee
2008: McCain +15%
Gov: Bredesen (D) – open
Cam: GOP 4 DEM 5

Primo stato del Sud ad “allinearsi” al dominio repubblicano degli ultimi decenni, il Tennessee è stato a lungo un’anomalia elettorale della Bible Belt (eleggeva governatori del GOP perfino negli anni della segregazione). Quest’anno, con la popolarità di Obama in caduta libera, il Volunteer State dovrebbe essere uno dei punti di forza della scommessa repubblicana. Prima di tutto, dopo il ritiro di Phil Bredesen, il GOP è quasi sicuro di strappare la poltrona di governatore ai democratici con il sindaco di Knoxville, Bill Haslam. Poi ci sono almeno tre distretti “blu” (su cinque) a serio rischio di switchover. Due, entrambi “open”, sono quasi sicuri per i repubblicani: nel 6° al confine con il Kentucky (rurale e sempre più “suburbanizzato”) dovrebbe prevalere Diane Black; nell’8° all’estremo ovest dello stato, il favorito è il contadino e cantante gospel Stephen Fincher. Nel terzo, ancora incertissimo, soltanto il suo voto contrario alla riforma sanitaria tiene ancora a galla l’incumbent democratico Lincoln Davis.



North Carolina
2008: Obama +0,5%
Sen: Burr (R)
Cam: GOP 5 DEM 8

Dopo essere stato campione del Solid Democratic South e terra di conquista per i candidati repubblicani alle presidenziali (da Nixon in poi), il North Carolina è ormai diventato uno swing state in piena regola. Nel 2010, però, il clima politico del Tar Heel State sembra favorire decisamente il GOP. Le elezioni per il Senato vedono nettamente favorito l’incumbent repubblicano Richard M. Burr, che pure nelle previsioni della vigilia avrebbe dovuto soffrire parecchio contro Elaine Marshall. E alla Camera i distretti competitivi potrebbero essere addirittura tre (tutti, al momento, in mano ai democratici). Per i repubblicani, comunque, le speranze più solide di pick-up sono al confine meridionale con il South Carolina. Nel 7° distretto, Ilario Pantano sta dando più filo da torcere del previsto all’incumbent democratico Mike McIntyre. Nell’8° distretto, il repubblicano Harold Johnson è vicinissimo nei sondaggi all’uscente Larry Kissell. In caso di larga vittoria repubblicana, sarebbe a rischio anche il seggio democratico di Bob Etheridge, nel 2° distretto.

South Carolina
2008: McCain +9%
Gov: Sandford (R) - open
Sen: DeMint (R) - open
Cam: GOP 4 DEM 2

Con il South Carolina iniziamo la nostra discesa verso gli stati dove il dominio del GOP è raramente messo in discussione, almeno negli ultimi decenni. Fondatore di fatto della Confederazione sudista, il Palmetto State non dovrebbe riservare troppe sorprese nelle sfide per il Senato e  per il governatore. Nel primo caso, il repubblicano Jim DeMint viaggia nei sondaggi con 40-45 punti percentuali di vantaggio su Alvin Green, vincitore a sorpresa delle primarie democratiche. Più incerta, ma non troppo, la corsa per la poltrona di governatore, in cui la repubblicana Nikki Halley non sembra essere stata scalfita da un paio di scandaletti “sessuali” emersi durante la campagna elettorale. E continua ad avere una decina di punti di distacco nei confronti del democratico Vincent Sheehen. Per la Camera, il GOP punta tutto sul 5° distretto (uno dei due controllati dai democratici), in cui il pronostico tra l’incumbent John Spratt e lo sfidante Mick Mulvaney è “too close to call”. Il fatto che Spratt controlli il distretto da 28 anni, la dice lunga sulle difficoltà che stanno incontrando i democratici in questo ciclo elettorale.

Georgia
2008: McCain +5%
Gov: Perdue (R) – open
Sen: Isakson (R)
Cam: GOP 7 DEM 6

Fino al 1964, la Georgia è stata una delle roccaforti più impenetrabili del partito democratico. Alle presidenziali, il candidato democratico ha vinto 24 elezioni consecutive dal 1868 al 1960; un governatore democratico è sempre stato eletto negli anni tra il 1872 e il 2002. Si tratta del record di dominio incontrastato di un singolo partito in tutta la storia americana. Poi, complice anche la Great Migration, tutto è cambiato. Oggi l’Empire State of the South è rosso. E anche nel 2010 le cose non sembrano promettere bene per i democratici. La loro speranza maggiore era il ritiro (obbligato) di Sonny Perdue da governatore. Ma la campagna di Roy Barnes (battuto proprio da Pedue nel 2002) contro il repubblicano Nathan Deal non è mai davvero decollata. Strada in discesa anche per l’incumbent del GOP al Senato, Johnny Isakson contro lo sfidante democratico Michael Thurmond. Alla Camera, infine, il GOP si gioca le sue chance migliori nel 2° distretto sud-occidentale (Mike Keown contro Sanford Bishop) e nel centralissimo 8° distretto, in cui il repubblicano Austin Scott sembra in fortissima rimonta nei confronti dell’incumbent Jim Marshall.

Florida
2008: Obama +3%
Gov: Crist (I) – open
Sen: LeMieux (R) – open
Cam: GOP 15 DEM 10

Dopo l’incubo del recount nel 2000, la Florida sembra essere diventata leggermente più “rossa”, con Bush e McCain al di sopra della media nazionale nel 2004 e nel 2008. Con la rivolta contro la riforma sanitaria, particolarmente accesa nel Sunshine State (dove la popolazione anziana è numerosa), i democratici non possono fare molto altro che tentare di evitare una disfatta. La loro speranza migliore è la corsa per il governatore, in cui Alex Sink sembra leggermente in vantaggio sul repubblicano Rick Scott (anche se i sondaggi restano molto contraddittori). Per il resto, si profila uno scenario molto favorevole al GOP. Al Senato, la corsa a tre che coinvolge il repubblicano Marco Rubio, il democratico Kendrick Meek e l’indipendente (ed ex governatore repubblicano-obamiano) Charlie Crist sembra ormai segnata a vantaggio del favorito dei Tea Party. Il vero tsunami, però, potrebbe arrivare alla Camera. Dei dieci distretti controllati dai democratici, addirittura quattro potrebbero diventare pick-up per il GOP: nel 2° al confine con la Georgia, Steve Southerland è in netto vantaggio sull’incumbent Allen Boyd; nel’8° a nord di Orlando il paladino dell’Obamacare, Alan Grayson, è in grande difficoltà contro Daniel Webster; nel 22° (Palm Beach) il veterano afro-americano dell’Iraq tenta la rivincita contro Ron Klein; nel 24°, sulla costa atlantica centrale, la freshman Susanne M. Kosmas dovrebbe pagare caro il suo voto alla riforma sanitaria (oltre che al cap-and-trade) contro la sfidante repubblicana Sandra Adams. Nubi minacciose si addensano sulla Florida.

Alabama
2008: McCain +21%
Gov: Riley (R) – open
Sen: Shelby (R)
Cam: GOP 5 DEM 2

L’Alabama negli ultimi decenni si è dipinta di un rosso sempre più “scuro”, con la vistosa eccezione della “Black Belt” (che in questo caso comprende una serie di contee che attraversa lo stato da ovest a est, a sud di Tuscaloosa) dove vive la maggior parte della folta comunità nera dello stato che vota in massa per il partito democratico. Immune al fascino obamiano nel 2008, quest’anno The Heart of Dixie eleggerà senza problemi un governatore del GOP (Robert Bentley al posto dell’uscente Bob Riley). E al Senato l’incumbent repubblicano Richard Shelby ha una trentina di punti di vantaggio sullo sfidante William Barners. Con la rappresentanza democratica alla Camera ridotta a sole due unità, gli sforzi repubblicani si stanno concentrando sul 2° distretto, nel quadrante sud-orientale dello stato, dove la young gun Martha Roby tenta di soffiare il seggio al freshman democratico Bobby Bright. La corsa, per ora, è un toss-up.


Mississippi
2008: McCain +13%
Cam: GOP 1 DEM 3

Governato dal monopartitismo per oltre 140 anni (a favore dei democratici), il Magnolia State è oggi profondamente rosso, anche se alcune tracce dell'antico dominio possono essere ancora trovate sia nella politica locale che nei rappresentanti dello stato alla Camera. Nel 2010, non sono previste sfide per il Senato o per la poltrona di governatore (in mano ai repubblicani). E il GOP proverà quantomeno a riequilibrare le sorti alla Camera. La sua possibilità migliore è nel 1° distretto del nord-ovest, al confine con Alabama e Tennessee, in cui l’incumbent democratico Travis W. Childers è costantemente sopravanzato nei sondaggi dallo sfidante Alan Nunnelee. Se il dato nazionale fosse particolarmente positivo per i repubblicani, poi, qualche sorpresa potrebbe arrivare anche dal 4° distretto del sud-ovest, dove il blue dog Gene Taylor sta soffrendo più del previsto contro il repubblicano Steven Palazzo, malgrado i suoi voti contrari a Obamacare, stimulus e cap-and-trade.

Louisiana
2008: McCain +19%
Sen: Vitter (R)
Cam: GOP 6 DEM 1

Quando il dominio democratico del Sud collassò verso la metà degli anni Sessanta, la Louisiana iniziò a eleggere candidati del GOP alla Camera e come governatori. Ma per vedere un repubblicano del Bayou State approdare alla Camera si sarebbe dovuto aspettare fino al 2004, con il ritiro di John Breaux e la vittoria di David Vitter. Nel 2010 Vitter, malgrado qualche vicissitudine scabrosa (il suo nome fu ritrovato nell’indirizzario della “Madame” che allietava le notti di molti politici a Washington), non sembra troppo infastidito dalla candidatura di Charlie Melancon e viaggia verso una tranquilla riconferma. Alla Camera, controllando 6 seggi su 7, i repubblicani non hanno troppi margini di manovra. Anzi, rischiano seriamente di perdere il 2° distretto (New Orleans) vinto a sorpresa da Joseph Cao nel 2008. In compenso, con Jeff Landry, il GOP ha qualche possibilità di strappare ai democratici il 3° distretto (quello più colpito dalla “marea nera”), lasciato libero proprio da Melancon per la sua corsa al Senato.



Arkansas
2008: McCain +20%
Gov: Beebe (D)
Sen: Lincoln (D)
Cam: GOP 1 DEM 3

Sempre più repubblicano alle presidenziali, l’Arkansas torna in genere a essere un feudo democratico alle elezioni per il governatore e il Congresso. Nonostante il clima politico sfavorevole, anche nel 2010, il governatore incumbent Mike Bebee non avrà problemi a conservare la sua poltrona. Mentre al Senato, con ogni probabilità, i democratici perderanno un seggio che controllano da oltre un secolo. La sconfitta di Blanche Lincoln contro l’ex congressman John Boozman, infatti, è data per scontata sia dagli analisti che dei sondaggisti. E la sconfitta al Senato potrebbe aprire il “vaso di Pandora” anche alla Camera. Dei tre distretti controllati dai democratici, infatti, solo il 4° (in piena Black Belt) sembra orientato verso la riconferma dell’incumbent. Gli altri due potrebbero clamorosamente cambiare colore, anche in questo caso dopo oltre un secolo. Nel 1° distretto, che comprende il delta del fiume Mississippi, il candidato democratico Chad Causey sembra davvero troppo liberal rispetto al baricentro ideologico della zona. E il repubblicano Rick Crawford è davanti nei sondaggi. Nel 2° distretto, quello della capitale Little Rock, Tim Griffin (protégé di Karl Rove) sembra in grado di conquistare senza troppi problemi il seggio lasciato libero da Vic Snyder e difeso da Joyce Elliot.

Okhlahoma
2008: McCain +32%
Gov: Henry (D) – open
Sen: Coburn (R)
Cam: GOP 4 DEM 1

Roccaforte del New Deal rooseveltiano e swing-state fino al 1964, l'Oklahoma aderì convintamente al programma "law & order" di Nixon nel 1968 e da quell'anno non si è più spostato dalla zona rossa della mappa elettorale. Nel 2010, con il ritiro del governatore democratico Brad Henry, il pick-up repubblicano è dato per certo, visto che nello scontro al femminile tra Mary Fallin (R) e Jari Askins (D), la repubblicana viaggia con una ventina di punti percentuali di vantaggio. Il distacco cresce al +40% nella corsa del Senato tra l’incumbent Tom Coburn e lo sfidante democratico Jim Rogers. Calma piatta anche alla Camera, con i repubblicani che controllano 4 seggi su 5 e i democratici che dovrebbero riuscire a riconfermare Dan Boren nel 2° distretto, quello più orientale al confine con l’Arkansas, grazie anche al suo voto negativo sulla riforma sanitaria voluta da Obama.

Texas
2008: McCain +12%
Gov: Perry (R)
Cam: GOP 20 DEM 12

Quando nel Texas dominavano i democratici, il partito era diviso tra i Tory Democrats - che provarono a boicottare la candidatura di FDR nel 1944 - e i Liberal Democrats custodi dell’ortodossia rooseveltiana. Con l’ascesa alla Casa Bianca del texano Lyndon Johnson, i conservatori del partito democratico passarono in massa ai repubblicani, che intanto conquistavano voti nelle contee a nord di San Antonio e nei sobborghi in espansione di Dallas e Houston. Oggi che a dominare è il GOP, il partito è spaccato tra l’ala conservatrice/populista e quella più fedele all’establishment. Passano i decenni, ma la politica del Lone Star State resta tra le più affascinanti e complesse di tutti gli Stati Uniti d’America. Quest’anno, nella corsa a governatore, il repubblicano Rick Perry cerca la quarta rielezione consecutiva (sarebbe un record) a spese dell’ex sindaco di Houston, Bill White. I democratici hanno a lungo coltivato la speranza di battere Perry, ma il successore di George W. Bush dovrebbe farcela anche questa volta. Pur controllando quasi tutto il “controllabile” alla Camera (cioè tutte le contee non-ispaniche a nord di Houston), il GOP tenta il colpaccio in almeno due distretti. Nel 17°, il conservatore democratico Chet Edwards tenta ancora una volta di respingere gli attacchi repubblicani in un distretto molto “rosso”, ma questa volta l’imprenditore Bill Flores sembra un avversario davvero temibile. Se l’onda lunga del GOP acquistasse particolare potenza, poi, i democratici potrebbero rischiare anche nel 23° distretto – un’enorme distesa di deserto a sud-ovest di San Antonio e al confine con il Messico – dove si scontrano l’incumbent Ciro Rodriguez e lo sfidante Quico Canseco. Olè!

2/continua

giovedì 14 ottobre 2010

USA 2010 - Prima puntata: il Nordest

Larry Silverbud su "Il Foglio" di oggi

L’unico dubbio è “quanti?”. Quanti seggi perderanno i democratici alle elezioni di mid-term del 2 novembre? Abbastanza da farsi sfuggire il controllo della Camera? O addirittura abbastanza da dissipare una super-majority che, fino a gennaio, era in grado di bloccare qualsiasi velleità repubblicana al Senato? E quanti governatori riconquisterà il GOP, che oggi ne ha un paio in meno degli avversari? Quanto alta e devastante, insomma, sarà l’onda rossa che minaccia di travolgere la prima metà di mandato del presidente Obama, consegnandogli un Congresso capace di trasformarlo in una “anatra zoppa” alla vigilia del 2012?




La memoria non può non andare verso altre elezioni storiche che hanno cambiato – a volte per decenni –le dinamiche del sistema politico statunitense. Il paragone più frequente individuato dagli analisti è quello con il 1994, anno in cui il GOP di Newt Gingrich e del “Contract with America” strappò ai democratici 54 seggi alla Camera e 8 al Senato, conquistando per la prima volta dal 1954 il controllo totale del Congresso. Ma ci sono esempi anche più inquietanti, per il partito di Barack Obama, Nancy Pelosi e Harry Reid. Con un presidente eletto trionfalmente due anni prima (come oggi) e un Congresso reduce da una decisa svolta legislativa a sinistra (come oggi), nel 1938 il partito democratico di Franklin D. Roosevelt perse la bellezza di 72 seggi alla Camera e 6 al Senato. O le elezioni del 1946, con 55 seggi conquistati dal GOP alla Camera e addirittura 12 al Senato, in quello che tutti consideravano un referendum su Harry Truman. A ruoli invertiti (e con una magnitudo più contenuta), anche i 31 seggi conquistati alla Camera dai democratici nel 2006, insieme a 6 senatori, rappresentano un esempio minaccioso della forte tendenza dell’elettorato americano a “punire” il partito del presidente nelle elezioni di mid-term. 


Quest’anno poi, oltre alla storia, anche il clima politico ed economico sembrano presagire una batosta, per i democratici, di quelle che meritano un capitolo a parte negli almanacchi dei politologi. Il flop della riforma sanitaria con l’opinione pubblica, la ripresa incerta, il tasso di disoccupazione ormai fermo da mesi appena al di sotto del 10%, le incertezze in politica estera che irritano sia la destra che la sinistra, il disastro ambientale in Louisiana, l’emorragia di consiglieri in fuga dall’amministrazione, il fenomenale successo popolare del movimento Tea Party, la progressiva perdita di appeal del presidente e il ripidissimo calo del suo job approval, il solido (e rarissimo) vantaggio repubblicano nei sondaggi relativi al generic congressional ballot: tutto sembra cospirare contro Obama e il suo partito. E le previsioni degli analisti, pur con gradi diversi, confermano uno scenario molto preciso.



Secondo il modello statistico creato da Nate Silver di Fivethirtyeight.com (recentemente approdato al New York Times), che si è dimostrato molto preciso negli ultimi cicli elettorali, il GOP dovrebbe riuscire a conquistare il controllo della Camera, passando da 178 a 226 seggi (+48), sfiorando la maggioranza al Senato (+7/8 seggi rispetto ai 41 attuali) e strappando 6 governatori ai democratici (da 24-26 a 30-20). Per RealClearPolitics, che da anni elabora le medie di tutti i sondaggi nazionali e locali, i repubblicani sono favoriti in 211 distretti della Camera. Al GOP, insomma, basterebbe vincere in 7 dei 36 distretti ancora incerti per conquistare il controllo della Camera. E la storia ci insegna che in genere i distretti toss-up si muovono massicciamente verso il partito “vincente”, soprattutto in quelle che sono considerate wave elections. Al Senato RCP vede un 50-50 frutto di 9 pick-up repubblicani, a cui va aggiunto un +7 tra i governatori che porterebbe il totale a 31-19. Numeri simili a quelli di Scott Elliot, il mitico “blogging Caesar” di Election Projection, che pronostica un +49 alla Camera, un +9 al Senato e un +7 tra i governatori. 


Una forte affermazione repubblicana è prevista anche da Larry Sabato, direttore del Center for Politics dell’Università della Virginia e titolare di “Crystal Ball”: +47 alla Camera; +7/8 al Senato; +8 tra i governatori. Per Charlie Cook del Cook Political Report, “è molto probabile che i repubblicani riescano a conquistare i 39 seggi di cui hanno bisogno pe ottenere la maggioranza”. Cook scrive di non voler giocare a “indovina quanto pesa il cocomero”, ma afferma di credere che il numero finale di pick-up sarà “molto superiore a 39”. La sua previsione per il Senato, invece, è di +7/9 (con un +6/8 tra i governatori). 




Con nuvole tanto minacciose all’orizzonte, ci accingiamo a partire per un viaggio dettagliato – stato per stato – tra le sfide più interessanti che stanno caratterizzando questo turbolento ciclo elettorale. Partiremo dalle roccaforti democratiche del Nordest (Maine, New Hampshire, Vermont, Massachusetts, Rhode Island, Connecticut, New York, New Jersey, Delaware e Maryland) per poi dirigerci decisamente verso il Sud e la Bible Belt (West Virginia, Virginia, Kentucky, Tennessee, North e South Carolina, Georgia, Florida, Alabama, Mississippi, Louisiana, Arkansas, Oklahoma e Texas). Il Lone Star State sarà la nostra porta verso il West gli stati del Pacifico (New Mexico, Colorado, Wyoming, Utah, Arizona, Nevada, California, Hawaii, Oregon, Washington, Alaska, Idaho e Montana). Dall’estremo nord, infine, ci sposteremo nuovamente verso l’Atlantico, attraversando le regioni del Midwest, dove si stanno combattendo alcune delle battaglie elettorali più appassionanti (North e South Dakota, Nebraska, Kansas, Missouri, Iowa, Minnesota, Wisconsin, Illinois, Indiana, Ohio e Pennsylvania). Arrivati ai confini della linea Mason-Dixon, che un tempo separava gli yankee dai confederati, potremo forse avere le idee più chiare sull’esito di queste elezioni di mid-term. Per capire se il vento che da qualche mese soffia verso Capitol Hill è soltanto una brezza di stagione o sta per trasformarsi in un tornado. Ma è tempo di partire.

PRIMA PUNTATA: IL NORDEST


Maine
2008: Obama +17%
Gov: Baldacci (D) – open
Cam: GOP 0 DEM 2

Bastione repubblicano fino agli anni Ottanta (tra il 1916 e il 1988 ha scelto soltanto due volte un candidato democratico alle elezioni presidenziali), negli ultimi decenni il Maine ha svoltato decisamente a sinistra, pur mantenendo quello spirito “indipendente” che ha sempre caratterizzato la sua storia politica recente.
Nel 2010, il Pine Tree State non mette in gioco i suoi due seggi al Senato (saldamente nelle mani di due Rino Ladies, republicans in name only, come Olimpia Snowe e Susan Collins), ma la contesa più interessante  riguarda la poltrona di governatore lasciata vacante dal democratico John Baldacci. Il candidato repubblicano è Paul LePage, ex sindaco di Waterville, nettamente spostato a destra sia in campo sociale che economico. Dall’altra parte c’è Libby Mitchell, presidente del Senato statale, che spera di diventare la prima donna-governatore nella storia del Maine. In due sondaggi su tre, tra quelli effettuati nelle ultime settimane, LePage ha un vantaggio che sfiora i 20 punti percentuali. Ed è visto dagli analisti come il favorito, soprattutto perché – almeno finora – i temi fiscali hanno dominato la campagna elettorale. In uno stato con una forte inclinazione liberal, sarà comunque dura per lui mantenere la testa fino a novembre.
Alla Camera, invece, i due incumbent democratici (Chellie Pingree e Mike Michaud) non dovrebbero avere troppi problemi nel difendere i propri seggi dall’attacco degli sfidanti repubblicani (Dean Scontras e Jason Levesque), rispettivamente nel 1° e 2° distretto dello stato.

New Hampshire
2008: Obama +9%
Gov: Lynch (D)
Sen: Gregg (R) - open
Cam: GOP 0 DEM 2

Unico residuo purple nell’oceano blu del New England, il Granite State (in cui, secondo alcuni storici, è nato il partito repubblicano) è stato una roccaforte del GOP fino all’era Clinton, votando per soli tre candidati democratici in tutta la sua storia (Wilson, Roosevelt e Johnson) e dimostrando di preferire nettamente l’approccio individualista all’economia del partito dell’elefante. Con un motto come “Live free or die”, però, negli ultimi decenni il New Hampshire ha dimostrato di gradire sempre meno il conservatorismo sociale di un GOP che parlava con uno spiccato accento del Sud. E ha eletto sempre più frequentemente candidati democratici, ad ogni livello.
Nel 2010, oltre alla corsa per il governatore (in cui lo sfidante repubblicano John Stephen non sembra poter impensierire l’incumbent democratico John Lynch), è in ballo il seggio del Senato lasciato libero dal repubblicano Judd Gregg, scelto nel 2009 da Obama come proprio secretary of commerce e quasi subito fuggito a gambe levate dall’amministrazione. Di fronte si trovano l’ex congressman del 2° distretto, il democratico Paul Hodes, e l’attorney general repubblicana Kelly Ayotte (una delle “mama grizzlies” di Sarah Palin). Per ora Ayotte sembra la favorita, con un vantaggio nei sondaggi che oscilla intorno al 9-10%.
Con l’indice di popolarità di Obama che nel Granite State è particolarmente basso, il GOP intravede anche la possibilità di conquistare entrambi i seggi della Camera, attualmente in mano ai democratici. Nel 1° distretto, gli analisti vedono nettamente favorito l’ex sindaco di Manchester, Frank Guinta, nei confronti di Carol Shea-Porter. Nel 2° la battaglia sarà più difficile, ma il repubblicano moderato Charlie Bass (l’ex congressman sconfitto proprio da Hodes nel 2006) ha ottime chance di vittoria contro la democratica Ann Kuster.

Vermont
2008: Obama +37%
Gov: Douglas (R) - open
Sen: Leahy (D)
Cam: GOP 0 DEM 1

Fino agli anni Novanta, in tutta la storia degli Stati Uniti soltanto Lyndon Johnson, nella vittoria landslide contro Barry Goldwater nel 1964, era riuscito a portare il Vermont nella casella democratica delle elezioni presidenziali. A cavallo tra il 19° il 20° secolo, il GOP dominava a tal punto la politica del Green Mountain State che i suoi candidati peggiori non scendevano mai sotto il 70% dei voti. E soltanto qui (oltre che in Maine), Franklin D. Roosevelt ha perso tutte e quattro le volte che ha corso per la Casa Bianca. Prendete questo scenario, ribaltatelo, e avrete una fotografia del Vermont di oggi, totalmente controllato dal partito democratico e capace di eleggere al Senato l’unico candidato “socialdemocratico” del Congresso, l’indipendente Bernie Sanders.
In questo ambiente particolarmente ostile, i repubblicani non hanno alcuna chance di essere competitivi nell’unico distretto della Camera (l’incumbent Peter Welch viaggia con 35-40 punti percentuali di vantaggio sullo sfidante Paul Beaudry) o nella corsa per il Senato (in cui soltanto una catastrofe di proporzioni epiche potrebbe permettere al repubblicano Len Britton di insidiare Patrick J. Leahy, “padrone” del seggio dal 1974).
In più, il GOP rischia di perdere anche la poltrona di governatore, lasciata vacante da Jim Douglas dopo otto anni. Il suo vice, Brian Dubie, avrebbe avuto ottime possibilità di farcela contro Douglas A. Racine (giù sconfitto da Douglas nel 2002), ma a vincere le primarie democratiche – con un distacco di appena 182 voti, dopo un contestatissimo recount – è stato a sorpresa Peter Shumlin, il presidente del Senato statale, che si è subito dimostrato più competitivo di Racine nei sondaggi. Al momento, viste le forti inclinazioni politiche del Vermont, Shumlin deve essere considerato il (leggero) favorito.

Massachusetts
2008: Obama +26%
Gov: Patrick (D)
Cam: GOP 0 DEM 10

Nato come stato repubblicano, il Massachusetts si è lentamente – ma inesorabilmente – spostato a sinistra nel corso della sua storia. Gli aristocratici yankee che avevano dominato la politica del Bay State furono spazzati via da Boston alla fine dell’800 (soprattutto a causa della fortissima immigrazione irlandese), per poi scomparire progressivamente dagli anni Trenta in avanti ed estinguersi definitivamente negli anni Sessanta. Poi, dopo la morte di Ted Kennedy, è arrivato il terremoto. Nelle special elections di questo gennaio, infatti, il semi-sconosciuto candidato repubblicano Scott Brown ha conquistato Camelot, spiazzando una distratta Marta Coakley, convinta di avere la vittoria in tasca. Brown, oltre al seggio della dinastia Kennedy, ha strappato a Obama il 60° voto al Senato, complicando l’iter della sua riforma sanitaria e certificando lo stato di estrema difficoltà in cui versa il partito democratico in questo ciclo elettorale.
Vista la vittoria di Brown, il governatore uscente Deval Patrick (il primo afro-americano a Beacon Hill) è stato a lungo considerato vulnerabile. Anche perché, nonostante il dominio dell’asinello a livello federale e locale, il GOP ha vinto quattro sfide per il governatore nelle ultime cinque elezioni, soccombendo soltanto all’onda blu del 2006. Le chance di rielezione di Patrick, però, sono aumentate con la discesa in campo di un candidato indipendente, il Tesoriere dello stato Tim Cahill. Con la presenza di Cahill a dividere il voto anti-Patrick, il candidato repubblicano Charlie Baker ha iniziato a vedere incrinarsi la speranza di poter ripetere l’exploit di Brown. Almeno fino a qualche settimana fa, quando la campagna di Cahill  ha iniziato a sfaldarsi (e sono iniziate a circolare strane voci su una “benedizione” ricevuta da Patrick per la sua candidatura di disturbo). Negli ultimi giorni, insomma, Baker sembra aver ripreso quota e la corsa è tornata incertissima.
Se i repubblicani hanno conquistato un seggio al Senato e sperano di riprendersi la poltrona di governatore, alla Camera invece la People’s Republic of Massachusetts sembra orientata a riconfermare tutti i suoi democratici incumbent. Con l’unica, interessante eccezione del 10° distretto, nella parte più orientale dello stato, in cui il seggio lasciato vacante da Bill Delahunt dopo sette mandati è difeso da Bill Keating, district attorney di Norfolk County, di fronte allo sfidante repubblicano Jeff Perry, ex sergente della polizia che sta conducendo una campagna molto aggressiva. Dalle parti di Cape Cod, a gennaio, Scott Brown ha dilagato. Potrebbe essere un buon segno per il GOP.

Rhode Island
2008: Obama +25%
Gov: Carcieri (R) – open
Cam: GOP 0 DEM 2

Il Rhode Island è il più piccolo stato dell’Unione per estensione territoriale. Ed è forse quello colorato del blu più scuro. Il dominio democratico è iniziato quasi all’improvviso nel 1935 con una “bloodless revolution” che ha decapitato la macchina elettorale repubblicana dalla sera alla mattina. Da quegli anni, il GOP è riuscito qualche volta a controllare il Senato statale (negli anni Cinquanta), ma tutto il resto è rimasto sempre saldamente in mano al partito democratico.
L’unica eccezione è sempre stata la corsa a governatore, in cui i candidati repubblicani riescono spesso ad imporsi presentandosi contro la democratic machine con una piattaforma “riformista”. Dopo aver controllato la poltrona di governatore negli ultimi 16 anni senza troppi risultati, però, questa reform platform non sembra più troppo convincente per gli abitanti dell’Ocean State. Scartato il debole candidato repubblicano, John Robitaille, la strada per i democratici non è però affatto in discesa. Contro il treasure secretary Frank Caprio, infatti, si presenta come indipendente l’ex senatore rino Lincoln Chafee, ex repubblicano in rotta con un GOP “troppo estremista” (cacciato da Washington nel 2006), che secondo i sondaggi ha discrete chance di vincere questa strana corsa a tre. Sarebbe un modo, per i Rhode Islanders, di porre un freno al dominio democratico nello stato senza essere costretti ad eleggere un odiatissimo repubblicano.
Passeggiata di salute per l’asinello, invece, nei due distretti della Camera, in cui gli sfidanti repubblicani John Loughlin e Jim Langevin hanno pochissime possibilità di insidiare i democratici David Cicilline (che difende il seggio lasciato vacante da Patrick J. Kennedy) e Jim Langevin (incumbent).

Connecticut
2008: Obama +23%
Gov: Rell (R) - open
Sen: Dodd (D) - open
Cam: GOP 0 DEM 5

Patria di Prescott Bush (padre di George H.W. e nonno di George W.) e della polemista conservatrice Ann Coulter, il Connecticut è ormai uno stato blu come pochi altri, anche se il numero degli iscritti ai registri elettorali sotto l’etichetta “indipendente” resta superiore a quello dei due partiti maggiori, come ha dimostrato l’elezione di Joseph Lieberman al Senato nel 2008 (dopo la sconfitta alle primarie democratiche).
Nel 2010, con il ritiro da governatore della repubblicana moderata Mary J. Rell, il GOP rischia seriamente di perdere la poltrona di governatore che, dal 1990, è l’unica carica importante che controlla nel Constitution State. Il favorito è il sindaco democratico di Stamford, Dan Malloy, ma il repubblicano Tom Foley, ex ambasciatore in Irlanda, nelle ultime settimane sta lentamente recuperando nei sondaggi. E la corsa è a un passo dal diventare un toss-up.
Più agevole, per i democratici, la difesa del seggio senatoriale lasciato “aperto” da Chris Dodd (ultimo esponente di una potente dinastia politica locale). Con Dodd a tentare la rielezione, il GOP avrebbe avuto buone possibilità di compiere un clamoroso pick-up. Ma, purtroppo per i repubblicani, Dodd si è fatto da parte dopo una serie cospicua di accuse di corruzione. E l’attorney general democratico Richard Blumenthal sembra poter resistere, piuttosto comodamente, all’assalto di uno dei candidati più “coloriti” di questo ciclo elettorale: Linda McMahon, ex presidente della lega professionista di wrestling.
Per quanto riguarda la Camera, dando per scontata la rielezione degli incumbent democratici nei primi tre distretti dello stato, qualche sorpresa potrebbe arrivare dal 4° e dal 5°, dove Jim Himes e Chris Murphy stanno soffrendo più del previsto contro gli sfidanti repubblicani (e chiaramente italo-americani) Dan Debicella e Sam Caligiuri. Se l’onda del GOP fosse abbastanza alta, la parte più occidentale del Connecticut potrebbe essere una delle vittime più clamorose dell’alluvione.

New York
2008: Obama +25%
Gov: Paterson (D) – open
Sen: Shumer (D) – Gillibrand (D)
Cam: GOP 2 DEM 26

Swing-state puro nei primi anni della storia politica americana (dal 1866 al 1896 nessun candidato ha avuto un vantaggio superiore al 5% nei confronti dell'avversario), agli inizi del '900 lo stato di New York ha conosciuto un lungo dominio repubblicano (interrotto solo da Wilson nel 1916) fino all'era-Roosevelt. Dopo aver attraversato con entusiasmo decrescente le presidenze di FDR, l'Empire State è tornato a votare per il GOP dal 1948 al 1956; per poi tornare all'ovile democratico dal 1960 al 1968. Nixon e Carter sono stati il preludio agli ultimi due successi repubblicani nello stato, grazie a Reagan. Ma ormai New York stava scivolando sempre di più in casa democratica, come avrebbero dimostrato Dukakis, Clinton, Gore, Kerry e Obama con le vittorie democratiche sempre più larghe degli ultimi vent’anni.
Senza storia, nel 2010, la corsa per il posto di governatore lasciato libero da David A. Paterson: l’attorney general Andrew Cuomo è sembrato leggermente in difficoltà verso metà settembre contro il repubblicano (e prediletto dal movimento del Tea Party) Carl Paladino. Ma nelle ultime settimane è tornato sui livelli precedenti, con un vantaggio che oscilla intorno al 20%.
Niente da fare, per il GOP, anche nelle due sfide del Senato. L’incumbent Charles Shumer viaggia con una trentina di punti di distacco dallo sfidante Jay Townsend. E nella special election, Kirsten Gillibrand sembra aver rintuzzato l’attacco di Joe DioGuardi (che dopo le primarie aveva ridotto il distacco entro la singola cifra) per tornare intorno ai 15-20 punti di vantaggio.
Lo scenario cambia radicalmente alla Camera, dove attualmente i democratici controllano 26 seggi contro i 2 dei repubblicani (uno è vacante). Il GOP non dovrebbe avere difficoltà a conservare il 3° e il 26° distretto, mentre è decisamente all’attacco in almeno otto distretti. In quattro di questi distretti (19°, 23°, 24° e 29°) i repubblicani sono addirittura favoriti per la vittoria, mentre negli altri (1°, 13°, 20° e 25°), ancora incertissimi, tutto dipenderà dall’intensità della red wave. Certo che passare dall’attuale 26-2 a un ipotetico 18-10 sarebbe uno sconvolgimento epocale per le dinamiche politiche dell’Empire State.

New Jersey
2008: Obama +15%
Cam: GOP 5 DEM 8

Sogno proibito dei repubblicani in tutte le presidenziali del dopo-Clinton, da decenni il New Jersey sembra a lungo competitivo durante la campagna elettorale, per poi deludere sistematicamente il GOP all’apertura delle urne. Una clamorosa eccezione a questa regola non scritta della storia politica recente degli Stati Uniti è stata la performance di Chris Christie nella corsa alla poltrona di governatore che si è svolta nel novembre del 2009, in cui il candidato repubblicano ha clamorosamente battuto l’incumbent democratico Jon Corzine.
Nel 2010, con il governatore ormai assegnato al GOP e nessuna corsa prevista al Senato, tutta l’attenzione si è spostata sulla Camera. A differenza che in altri stati, però, soltanto uno dei tredici distretti in gioco sembra poter dare vita a una vera competizione. Si tratta del 3° distretto, in cui il democratico uscente, John Adler, ha un vantaggio estremamente ridotto nei confronti dello sfidante repubblicano Jon Runyan, ex stella del football professionistico americano (ha giocato a Houston, Philadelphia e San Diego). “Big ‘Ol” Runyan sembra, in questo ciclo elettorale, l’unica possibilità per il GOP di strappare un pick-up nel Garden State. In caso di cataclisma, però, i democratici potrebbero essere a rischio anche nel 6° e nel 12° distretto.

Delaware
2008: Obama +25%
Sen: Kaufman (D) – open
Cam: GOP 1 DEM 0

Dal 1952 alla fine dello scorso secolo, il Delaware è stato uno dei cosiddetti bellwether states, in cui ha sempre vinto il candidato poi arrivato alla Casa Bianca. Nelle elezioni presidenziali del 2000 e del 2004, però, scegliendo i candidati democratici sconfitti, il First State (fu il primo dei 13 stati originari a firmare la Costituzione americana) ha perso questa caratteristica per mimetizzarsi sempre di più nel blu scuro degli stati del nord-est.
Nel 2010, a lungo i repubblicani hanno contato di conquistare il seggio del Senato, lasciato libero dal vicepresidente Joe Biden e temporaneamente occupato da Edward E. Kaufman. Il “campione” del GOP era il popolarissimo congressman Mike Castle, che tutti i sondaggi davano per largamente vincente contro l’oscuro county executive di New Castle County, Chris Coon. Alle primarie del 14 settembre, però, il movimento dei Tea Party ci ha messo lo zampino, portando ad una inaspettata vittoria la “dissidente” repubblicana Christine O’Donnell. Per tutta l’estate, il duello tra Castle e O’Donnell ha provocato scintille ed astio in campo conservatore, con i “puristi” e i “pragmatici” a darsela di santa ragione su blog e giornali. I risultato è stato la vittoria della O’Donnell, che avrà pure fatto fuori un repubblicano-troppo-moderato ma ha anche, di fatto, consegnato il seggio a Coons, che è in vantaggio in tutti i sondaggi con un distacco in doppia cifra.
Ad aggiungere danno al danno, la candidatura (fallita) di Castle al Senato ha “liberato” l’unico distretto della Camera, che il repubblicano Glenn Urquhart ha pochissime possibilità di difendere contro l’ex vicegovernatore democratico John C. Carney. Due seggi persi, per il GOP, al prezzo di uno.

Maryland
2008: Obama +25%
Gov: O’Malley (D)
Sen: Mikulski (D)
Cam: GOP 1 DEM 7

Spezzato geo-politicamente in due, con i democratici fortissimi nelle zone urbane di Baltimora, Prince George e Montgomery (oltre che nella periferia orientale di Washington) e i repubblicani dominanti nelle meno popolose contee occidentali e nella Eastern Shore, il Maryland è (almeno in teoria) uno stato del Sud che si comporta elettoralmente come un qualsiasi stato del New England. Questo ha portato a un dominio democratico addirittura precedente alla Guerra Civile, che ha sempre regalato pochissime soddisfazioni al GOP.
Nel 2010, la corsa per il governatore è la rivincita (a ruoli invertiti) di quella del 2006, con l’incumbent democratico, l’ex sindaco di Baltimora, Martin O’Malley, opposto a Robert Ehrich Jr, ex congressman che nel 2002 era riuscito a diventare il primo governatore repubblicano dell’Old Line State dai tempi di Spiro Agnew. Per tutta l’estate, il diffuso sentimento anti-establishment e le difficili condizioni dell’economia hanno portato Ehrlich molto vicino a O’Malley nei sondaggi. Nelle ultime settimane, però, il candidato democratico sembra aver allungato il passo. Non ancora abbastanza, però, per potersi sentire definitivamente al sicuro.
Negli otto distretti della Camera, infine, di cui sette controllati dai democratici, il GOP punta molto forte sul 1° (proprio quello che comprende la Eastern Shore), perso per un soffio nel 2006, che – nel clima politico attuale – il candidato repubblicano Andy Harris non dovrebbe avere troppi problemi a strappare al freshman democratico Frank Kratovil.

1/continua