sabato 29 gennaio 2005

Il senatore più odiato d'America.

Su Il Foglio in edicola oggi, la prima puntata (su 4) di un lungo articolo sulla vita di Joe McCarthy (e non solo) realizzato dal sottoscritto. Il pezzo è disponibile online in formato pdf (registrazione gratuita), cliccando su "inserto 2" (in realtà, su carta, è a pagina III). Per chi vuole approfondire l'argomento, consigliamo: Joseph McCarthy: Reexamining the Life and Legacy of America's Most Hated Senator di Arthur Herman, Venona: Decoding Soviet Espionage in America di John Earl Haynes e Harvey Klehr, McCarthy and His Enemies: The Record and Its Meaning di William F. Buckley, L. Brent Bozell, Peter Robinson e, naturalmente, lo straordinario Treason: Liberal Treachery from the Cold War to the War on Terrorism di Ann Coulter (di Treason ci sarebbe anche l'edizione italiana di Rizzoli, ma non me la sento di raccomandare un libro in cui "liberal" viene tradotto in "liberale").

Diario americano/5.
Brookings Institution

Washington, martedì 11 gennaio (ore 15.00). Dopo un pranzo veloce nei dintorni di Dupont Circle, torniamo verso Massachussetts Avenue per l'incontro con la Brookings Institution. Ad accoglierci ci sono Jeremy Shapiro (direttore del centro studi sui rapporti tra Stati Uniti ed Europa) e Michael Calingaert (visiting scholar nello stesso centro ed ex-diplomatico di lungo corso). Il nostro amico John Hulsman della Heritage Foundation ci aveva avvertito: "troverete musi lunghi alla Brookings, ancora non si sono ripresi dalla sconfitta elettorale". Noi pensavamo che John stesse scherzando, ma non era così. Se Calingaert, infatti, riesce a nascondere il proprio disappunto sotto l'aplomb di un perfetto gentleman wasp, Shapiro sembra appena uscito da una rissa con una banda di motociclisti. E non c'è dubbio che i motociclisti abbiano avuto la meglio. Parla sottovoce, ha lo sguardo affranto e ogni volta che la discussione scivola verso Bush (o i repubblicani in genere) sembra sull'orlo delle lacrime. La nostra delegazione è sorpresa e perplessa. Io e Krillix, che ci conosciamo da decenni, cerchiamo di non incrociare gli sguardi, per evitare di scoppiare a ridere (sarebbe scortese almeno quanto Shapiro che piange). Il problema è che sono passati più di due mesi dalle elezioni e ci sembra impossibile che studiosi nel libro-paga di una fondazione del calibro della Brookings siano così poco abituati alle alterne fortune del metodo democratico. Ma le vicende di George W. Bush, il presidente più misunderstimated della storia, ci hanno insegnato a non dare nulla per scontato. Così, facendo leva sui nostri istinti zen, restiamo (seriamente) in silenzio ad ascoltare la lezioncina di Shapiro sulle magnifiche sorti progressive della politica estera francese, salutiamo e ce ne andiamo. Una volta scesi in strada, ridere a crepapelle non è più maleducazione.

giovedì 27 gennaio 2005

Libertà totale.

Oggi la Right Nation sonnecchia. Perché siamo pigri, naturalmente, ma soprattutto perché abbiamo lavorato fino a tardi al convegno su Murray N. Rothbard organizzato da Ideazione e dall'Istituto Bruno Leoni. Dopo l'introduzione di Nicola Iannello, Raimondo Cubeddu (Filosofia politica all’Università di Pisa) e Luigi Marco Bassani (Storia delle dottrine politiche all’Università di Milano) hanno discusso l'impatto delle idee del filosofo libertarian newyorkese a dieci anni dalla sua scomparsa. E grazie all'ottimo Cubeddu (chi non ha letto il suo Atlante del liberalismo si è perso qualcosa) ci siamo ricordati perché ci è sempre piaciuto Rothbard ma abbiamo sempre preferito Hayek.

mercoledì 26 gennaio 2005

Diario americano/4.
The Weekly Standard

Washington, martedì 11 gennaio (ore 11.30). Washington, 11 gennaio (ore 11.30). Dopo la visita al NED, ci spostiamo all’angolo tra la M e la 17a strada, nel palazzo dell’American Enterprise Institute, dove ci aspetta Victorino Matus, vice-caporedattore del Weekly Standard, il settimanale che il New York Times ha definito “la voce fondamentale dei neoconservatori repubblicani” e “una delle più influenti pubblicazioni di Washington”. Prima di entrare nella redazione dello Standard passiamo davanti ad una porta in penombra, quella degli uffici del Project for the New American Century, che secondo gli adepti sinistrorsi delle più disparate teorie cospirativiste è praticamente il punto d’incrocio di tutte le energie negative del pianeta. Non abbiamo, naturalmente, il coraggio di entrare. Ma se il male assoluto si nasconde lì dentro, non c’è dubbio che si stia nascondendo davvero bene. Matus, di origine filippina, è molto simpatico e ci mette subito a nostro agio. "Da quando Murdoch ha comprato il Weekly Standard - dice - ci possiamo perfino permettere di offrire caffè e bibite ai nostri visitatori". Ringraziando zio Rupert, ne approfittiamo volentieri. La discussione con Matus è piuttosto tecnica: gli chiediamo dettagli sul confezionamento della rivista, sul ritmo delle riunioni di redazione, sulla circolazione nelle edicole. Poi, inevitabilmente, il discorso scivola sull'Iraq. Matus è molto confident sull'esito delle prossime elezioni e si dice convinto che, nel lungo pediodo, la storia vendicherà lo sforzo dell'amministrazione Bush di esportare la democrazia in Medio Oriente. Sull'Iran, invece, è molto più cauto. L'ultima domanda è sulla percezione dell'Italia nella stampa della destra americana. E in questo caso Matus ammette che, nonostante le simpatie provocate dal filo-americanismo del governo Berlusconi, i giornali della Right Nation non seguono come dovrebbero le vicende politiche del Belpaese. Promettendoci una maggiore attenzione reciproca, salutiamo e ci prepariamo per il penultimo appuntamento della giornata. Ancora non abbiamo idea di quello che ci sta aspettando alla Brookings Institution.

martedì 25 gennaio 2005

Chi ha ucciso Irving Kristol?

Un orrendo misfatto si è compiuto nell'ultimo numero di Ideazione in edicola. Nell'enfasi di descrivere l'ascesa culturale, mediatica e politica della Right Nation da Barry Goldwater ai giorni nostri, chi scrive ha dato per morto (nel 1980, nientemeno!) il buon Irving Kristol, icona del neoconservatorismo statunitense, confondendolo con il suo capo (all'epoca) all'American Enterprise Institute, William Baroody Sr., già consigliere di Goldwater nel '64 e artefice della riscossa dell'AEI negli anni Settanta. A parte la militanza nell'AEI, l'unica cosa che accomuna Kristol e Baroody è stata quella di aver avuto due figli maschi di nome Bill (rispettivamente: il capo dell'AEI dal 1978 al 1986 e il fondatore-direttore del Weekly Standard). Considerando la spaventosa potenza della cospirazione mondiale neocon, ci aspettiamo gravi ripercussioni sulla nostra salute personale. In attesa del nostro destino, ringraziamo Christian Rocca (Camillo) che ci ha segnalato la svista e assicuriamo a tutti i nostri lettori che Irving Kristol è vivo e vegeto. Finalmente anche la destra italiana ha il suo zuccopycat*!

I blogger di Ideazione.com.

Uno dopo l'altro, tutti gli autori dei "blog di Ideazione" hanno fatto il loro esordio sulla versione online della rivista. Ha iniziato, giusto un mese fa, Antonio Scalari di Neoliberal con un articolo sulla supremazia dei repubblicani nel Sud degli Stati Uniti. Poi Paolo Bonafini di I love America ha sfatato una lunga serie di luoghi comuni sul "mito del deficit americano". Una settimana fa, Enzo Reale di 1972 ha analizzato i rischi di balcanizzazione nella Spagna zapateriana. Oggi, infine, Paolo Della Sala di Le guerre civili prende di mira Chirac e Putin (tra gli altri), interpreti principali di un nuovo modello di "intreccio tra capitalismo e stati nazionali". E Christian Rocca, inviato de Il Foglio e papà di Camillo, sbarca per la prima volta su Ideazione.com - direttamente dalle pagine della rivista bimestrale - con il suo editoriale su "George W. Bush il rivoluzionario". Chi non legge è un Michael Moore.

Diario americano/3.
National Endowment for Democracy

Washington, martedì 11 gennaio (ore 9.00). Dopo la sveglia all'alba, comincia uno dei giorni più stressanti della nostra trasferta americana. La prima tappa del tour è nella 15a strada, dove ci aspetta Laith Kubba, senior program officer per il Medio Oriente e il Nord Africa del National Endowment for Democracy. Secondo Kubba, che è nato in Iraq ma ha studiato a Londra, nella strategia post-bellica dell'amministrazione Bush sono stati commessi almeno due errori. Del primo, cioè smantellare l'esercito e il partito baathista subito dopo la liberazione del paese, si è letto e scritto molto. Il secondo rilievo, invece, ci colpisce di più: invece di iniziare a preparare le elezioni politiche nazionali, le forze della coalizione avrebbero dovuto spingere per organizzare una tornata di elezioni locali il prima possibile; per dare un assaggio di democrazia "reale" al popolo iracheno e creare un rapporto fiduciario diretto tra i cittadini e il governo provvisorio. Per Kubba, immediatamente dopo la caduta del regime di Saddam c'erano le condizioni politiche e strategiche sufficienti per tentare questa strada. Mentre ora la situazione si è complicata terribilmente. Tra le tante critiche ex-post rivolte alla strategia Usa in Iraq, questa è probabilmente una delle più sensate.

lunedì 24 gennaio 2005

Diario americano/2.
Meridian International Center

Washington, lunedì 10 gennaio (ore 15.00). Ancora eccitati dalla visita alla Heritage Foundation, un modello organizzativo per tutti i think-tank del pianeta (di qualsiasi colore politico), ci spostiamo in Crescent Place per il nostro appuntamento del pomeriggio. I locali del Meridian International Center sono molto belli, soprattutto il grande giardino dove i fumatori-ribelli (come chi scrive) si ostinano ad esercitare la propria libertà di auto-distruzione. La conferenza sul "federalismo americano" del professor Clyde Wilcox, della Georgetown University, è però una mezza delusione. Non è tanto colpa di Wilcox, quanto del format stesso dell'incontro a cui, oltre a noi di Ideazione, partecipano anche funzionari del parlamento turco, lo staff di un non meglio precisato partito politico indiano ed altri osservatori di nazionalità incerta. L'incessante brusio degli interpreti non riesce comunque a nascondere la realtà, visto che la conferenza si rivela una sorta di federalism for dummies che non ci regala emozioni o sorprese. All'ennesima frecciatina anti-Bush del relatore, il nostro pacchetto di Marlboro prende improvvisamente vita e ci costringe, ancora una volta, ad uscire in giardino. Il capo della delegazione turca, naturalmente, stava già fumando.

domenica 23 gennaio 2005

Diario americano/1.
Heritage Foundation

Washington, lunedì 10 gennaio (ore 11.00). Dopo una breve visita al Dipartimento di Stato, dove la gentilissima Janet Donaghy ci illustra i dettagli del programma della nostra visita negli Stati Uniti, partiamo per Massachussetts Avenue, dove ci aspetta John C. Hulsman, senior research fellow della Heritage Foundation, il think-tank più autorevole ed influente della destra a stelle e strisce. I locali della fondazione sono splendidi: l'arredamento è conservative ma funzionale e moderno. Scattiamo un paio di foto, posando con sguardo severo sotto i ritratti di Friedrich August von Hayek ed Edwin J. Feulner. Dopo un caffè e qualche chiacchiera di circostanza, Hulsman si scioglie e si trasforma in un fiume in piena. L'eccitazione per la rielezione di George W. Bush alla Casa Bianca è ancora palpabile. Ed è subito chiaro che il secondo mandato del presidente è visto dalla Heritage come un'occasione irripetibile per rendere il movimento conservatore maggioranza "permanente" nel paese e lasciare un'impronta indelebile nella storia degli Stati Uniti d'America. Secondo Hulsman - a parte Iraq e Iran - il 2005 di Bush e dei repubblicani sarà scandito da due semplici parole, pesanti come pietre: Social Security. La riforma in senso liberista del sistema di sicurezza sociale non sarà facile né indolore, tanto che qualche segnale di incertezza è già cominciato ad arrivare dall'interno del GOP, ma Bush e la sua amministrazione (con l'appoggio incondizionato della Heritage Foundation) hanno intenzione di investire in questo progetto una parte non irrisoria del capitale politico guadagnato dal presidente alle elezioni dello scorso novembre. Hulsman ci conferma anche la sensazione che tra conservatori "classici" e neo-conservatori si stia avvicinando, sui temi della politica estera, il momento della "resa dei conti". E non sarà facile, per Bush, rappresentare un punto di incontro equilibrato tra l'idealismo neocon e il realismo tradizionale della destra Usa. Se i conservatori potrebbero trovarsi presto a litigare sulla strategia da seguire in Medio Oriente, però, si tratta di bazzecole rispetto alle squassanti divisioni che stanno lacerando la sinistra americana. Sempre più distanti dalla gestione del potere, dopo decenni di vacche grasse, i democratici sono sull'orlo di una guerra civile tra loro anima centrista e una sempre più accentuata deriva mooriana. Anche per questo, ci spiega, Hulsman, "i miei amici-avversari della Brookings Institution continuano ad avere la faccia lunga anche a più di due mesi dalle elezioni". Quanto il nostro John avesse ragione, però, lo avremmo scoperto soltanto il giorno dopo.

domenica 16 gennaio 2005

New York, New York.

Dopo cinque intensi giorni nella capitale, lo staff di Ideazione si è spostato a New York per l'ultima parte di questo viaggio di lavoro negli Stati Uniti. Dopo un weekend di libertà, ci aspettano gli incontri con i responsabili di Fox News, Newsweek e National Review. A Washington, invece, abbiamo finalmente incontrato di persona gli uomini della Heritage Foundation (ancora eccitati per la vittoria elettorale e determinatissimi in vista dei prossimi quattro anni di amministrazione Bush), dell'American Enterprise Institute (un po' preoccupati per la situazione in Iraq) e della Brookings Institution (se pensavate che John F. Kerry avesse una "long face" non avete ancora visto niente). I dettagli, il gossip e tutti i retroscena, al nostro ritorno, sui blog di Ideazione.com.


sabato 8 gennaio 2005

Ideazione Goes to Washington.

La redazione di Ideazione, o almeno una buona parte di essa, parte per gli States. Staremo via una decina di giorni, divisi tra Washington e New York, per incontrare le fondazioni, le riviste e gli uomini che hanno costruito la Right Nation. Quella vera. In questo periodo di tempo, naturalmente, i blog interni alla rivista (questo che state leggendo e Walking Class) resteranno in animazione sospesa (a meno di clamorose sorprese). Proseguono, invece, più in forma che mai, Le guerre civili, 1972 e I love America. Verso la metà della prossima settimana uscirà nelle edicole e nelle librerie la rivista bimestrale, dedicata in larga parte alla riscossa mediatica e culturale della destra a stelle strisce contro il monopolio della sinistra liberal e politically correct. Un numero da non perdere. [Link]


Chi ha bisogno del New York Times?

Il New York Times sta meditando di abbandonare la versione online (e gratuita) del quotidiano per introdurre un servizio a pagamento. [Link] Dollaro per dollaro, a questo punto è meglio comprarsi l'illuminante "Journalistic Frauds" di Bob Kohn. Sottotitolo: "Come il NYT distorce le notizie e perché non è più affidabile". [Link] Poi, magari, si può provare con "Bias" e "Arrogance" di Bernard Goldberg, l'ex giornalista della CBS che racconta dall'interno i pregiudizi e le ipocrisie politically correct dei media americani. [Link] In fin dei conti... Bill Safire è andato in pensione, David Brooks si può leggere sul Weekly Standard e se avete bisogno di Maureen Dowd e Paul Krugman, potete sempre provare con il crack. E' meno dannoso. [Link]

giovedì 6 gennaio 2005

Il saluto di Kerry alle truppe.

Da Newsmax.com (via LGF): "Giovedì, durante una visita alle truppe statunitensi a Baghdad, il candidato sconfitto alle elezioni presidenziali John Kerry ha criticato duramente il Commander-in-chief George Bush per le 'orrende scelte' e gli 'incredibili errori' che hanno minato lo sforzo bellico". Dedicato a chi è ancora convinto che la vittoria di Kerry non avrebbe significato un cambio di rotta per la politica estera americana. E a chi si è dimenticato il "compagno Kerry" degli anni Settanta. [Link] P.S. Da oggi The Right Nation si apre ai commenti dei suoi lettori. Libertà assoluta, nei limiti della civiltà e del buon gusto.


RadioRai a stelle e strisce.

Da Le guerre civili: “Il 3 gennaio è iniziato un ciclo di venti interventi di Massimo Teodori su Rai Radio 3, dalle 18 alle 18,45 per 'Il terzo anello'. Altri dati su New Blog New Blog. E' bene augurante che Radio Tre, di solito completamente unilaterale in politica estera, si apra all'americanista Massimo Teodori”. Speriamo che l'ottimismo dell'amico Paolo sulla linea editoriale di RadioRai 3 sia giustificato. In ogni caso, è sempre un piacere ascoltare Teodori che parla degli Stati Uniti. [Link]

Ann Coulter for President.

Christian Rocca, su Camillo, segnala una "stre-pi-to-sa" intervista del New York Observer ad Ann Coulter. Rocca dice di non essere in grado di riassumerla. Figuriamoci noi. Ma leggete la risposta della Coulter all'apparentemente innocua domanda "come ha passato il Natale a New York?". "Oh, mi sono divertita tantissimo quest'anno - replica l'autrice di Slander, Treason e How to talk to a liberal (if you must) - perché dire 'Buon Natale' è come dire 'Fuck You!' E l'io l'ho detto a tutti quanti. Tassisti, passanti incrociati per strada. A chiunque. E tutti mi rispondevano 'Buone Feste'. Perché vede, a New York dire a qualcuno 'Buon Natale' è davvero un comportamento aggressivo". Ann Coulter for President! [Link] P.S. Un grazie di cuore a Rocca per aver segnalato la recente "campagna acquisti" di Ideazione.com nella blogosphere. E per aver speso parole tanto gentili (da essere quasi imbarazzanti) su questo blog e su "South Park. Un manuale politico", pubblicato sul numero di settembre-ottobre di Ideazione e disponibile on-line da qualche settimana su Ideazione.com. Siamo onorati. [Link]

martedì 4 gennaio 2005

Mezzo secolo di National Review!

Neoliberal ci ricorda che quest'anno National Review festeggia il mezzo secolo di vita. E segnala che per l'occasione è disponibile su NROnline "Standing Athwart History, Yelling Stop", l'articolo-manifesto scritto da William F. Buckley Jr. il 19 novembre del 1955 sul primo numero della rivista che, nel corso dei decenni, ha saputo trasformare il conservatorismo statunitense da un coacervo di dottrine locali (del Sud, del Midwest, dell’Ovest) a un vero movimento culturale nazionale. [Link]

Salvate il segretario Kofi.

L'America dei "buoni" si mobilità per salvare la poltrona del segretario generale dell'Onu, Kofi Annan. Speriamo che Bush, anche nel 2005, sia rimasto dalla parte dei "cattivi". [Link]


lunedì 3 gennaio 2005

"I love America" & "1972": benvenuti a bordo.

Grande "campagna acquisti" di inizio anno per Ideazione. Due dei migliori blog politici italiani, I love America e 1972, entrano a far parte ufficialmente della famiglia dei blog di Ideazione.com, insieme a The Right Nation, Walking Class e Le guerre civili. Benvenuti a bordo.

La Right Nation non abita a Segrate.

Da Walking Class, il nostro blog gemello, copiamo & incolliamo: "Il fenomeno della Right Nation anima i commenti politici sull'America di Bush. Noi di Ideazione abbiamo preparato un numero coi fiocchi che uscirà in edicola fra qualche giorno. Il nostro blog americano si chiama proprio The Right Nation. Tutto nasce da un bel libro scritto da John Micklethwait e Adrian Wooldridge, due giornalisti inglesi dell'Economist, corrispondenti dagli Usa, un po' liberal anzichenò, i quali raccontano come l'America conservatrice abbia saputo interpretare in questi ultimi anni il sentimento prevalente della società statunitense. Un'analisi sociologica e politica assai approfondita, che ha entusiasmato gli esperti di Usa nostrani che hanno avuto modo di leggerla in inglese. I due autori spiegano anche perché George Bush ha vinto e perché John Kerry non avrebbe potuto vincere. Insomma, un libro da stampare subito, approfittando del battage pubblicitario che fanno giornali come Il Foglio e riviste come Ideazione. I diritti per l'Italia sono stati acquistati da Mondadori. Era trapelata la notizia che a Segrate s'erano messi febbrilmente al lavoro per tradurre il volume e presentarlo in libreria tra la fine di dicembre e l'inizio di gennaio. E invece, adesso, la gentile impiegata dell'ufficio stampa ci comunica che il libro uscirà tra aprile e maggio. Il titolo provvisorio è: "O con noi o contro di noi" (aaaaaaaaaargh!!!). In attesa di gradite smentite, pensiamo che alla Mondadori, "o sono scemi o ci fanno". Il libro compratevelo da Amazon, che fate prima". [Link] Sempre Walking Class ci segnala un articolo di Terry Eastland per il Weekly Standard su una conferenza organizzata dall'Ethics and Public Policy Center di Washington in cui Michael Gerson, uno degli speechwriter principali di George W. Bush, ha analizzato l'impatto delle tematiche religiose nei discorsi del presidente. [Link]