mercoledì 11 maggio 2005

Di Roosevelt ce n'è uno solo. Theodore.

Secondo Federico Punzi, su JimMomo, Bush è stato ingeneroso "quando ha iscritto la Conferenza di Yalta nella tradizione deprecabile di eventi diplomatici come la Conferenza di Monaco nel '38 o con i patti Ribbentrop-Molotov del '39, trionfi rispettivamente dell'appeasement e della politica di potenza". Per Federico l'accostamento risulta inesatto dal punta di vista storico, tanto da spingerlo a chiedere provocatoriamente scusa a Putin, perché "a determinare la divisione dell'Europa e del mondo in blocchi, e la dominazione sovietica sulla parte orientale dell'Europa, fu la violazione da parte di Stalin degli accordi presi a Yalta con Churchill e Roosevelt". JimMomo, a sostegno della sua tesi, cita (via Il Foglio) il segretario di Stato di Roosevelt, Edward Stettinius, e Marina Valensise (sempre su Il Foglio) che riporta il commento di André Kaspi, che "respinge senza complessi" le parole di Bush. Ora, tralasciando le facili ironie sulla presunta autorevolezza del "massimo esperto di Roosevelt in lingua francese", JimMomo sembra dimenticarsi che l'amministrazione Roosevelt, come quella di Harry Truman dopo di lui, era letteralmente invasa da spie al soldo di Mosca e dagli allegri componenti della brigata liberal che vedeva, nei comunisti sovietici, degli utili "compagni di strada" per la realizzazione di una società più "giusta". Come abbiamo scritto all'inizio di quest'anno (sempre su Il Foglio, guarda un po', in 1-2-3-4 puntate), quando - dopo il patto Molotov-Ribbentrop - l'ex spia comunista americana Whittaker Chambers si rende conto dell'orrore sovietico e decide di reagire svelando i nomi degli agenti di Mosca infiltrati nell'amministrazione Roosevelt, trova davanti a sé un muro di omertà o, nel migliore dei casi, di suprema idiozia. Nel 1939, Chambers riesce ad ottenere un incontro privato con il vice segretario di Stato, Adolf Berle, e gli racconta delle decine di spie che lavorano nell’amministrazione democratica, tra cui spiccano i nomi di un funzionario di alto livello del Dipartimento di stato, Alger Hiss, e di suo fratello Donald. Berle è sconvolto. E il giorno dopo riferisce a Roosevelt il contenuto del suo colloquio con Chambers. FDR, per tutta risposta, gli ride in faccia e lo manda a quel paese (adoperando parole più esplicite). Non soltanto il presidente non prende alcun provvedimento, ma promuove Alger Hiss al ruolo di suo consigliere di fiducia, carica che Hiss avrebbe occupato anche durante i disastrosi (per l’Occidente) negoziati di Yalta. E questo senza contare il compitino svolto per conto di Mosca da Hiss, durante l'amministrazione Truman, per boicottare l'economia della Cina nazionalista e spianare la strada ai comunisti di Mao. Chambers deve aspettare fino al 1948 (a "rivoluzione cinese" ultimata) per essere interrogato nuovamente sulla penetrazione delle spie sovietiche nel governo degli Stati Uniti. Ormai, però, è troppo tardi. Anche, e soprattutto, per colpa della disastrosa politica estera inaugurata da Franklin Delano Roosevelt e proseguita da Harry Truman, gli eroi di Yalta.

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