Dopo aver letto (me l'hanno segnalato, mica me lo sono andato a cercare) Vittorio Zucconi che, su Repubblica, paragona l'iPad a un «pianeta di pochi centimetri quadrati dove la libertà è senza limiti», mi sono sentito in dovere di andare a ripescare un articoletto che ho scritto venerdì scorso su Liberal quotidiano. Astenersi odiatori-Apple-professionisti e sacerdoti della setta di Cupertino.
La caccia è scattata all’alba di ieri, ma era stata pianificata in tutti i dettagli da più di un mese. Tanto, infatti, hanno dovuto attendere gli italiani (come quasi tutti gli europei, i giapponesi e gli australiani) per mettere le mani sull’iPad di Apple, il nuovo “oggetto del desiderio” hi-tech che negli Stati Uniti è stato lanciato sul mercato ad aprile. Code a Milano (dove gli Apple Store avevano accettato soltanto prenotazioni online), ma anche a Bologna e Roma. Mentre a Palermo sono arrivati solo i “modelli da esposizione”, lasciando a bocca asciutta centinaia di appassionati. Euforia contenuta, in ogni caso, rispetto a quello che è accaduto all’Apple Store principale di Tokyo, dove nelle prime ore della mattina si era già formata una fila di 800 metri, con più di mille ansiosi acquirenti.
Tanta attesa, naturalmente, ha il suo prezzo. Perché il Italia il nuovo touch-screen di Apple costerà 499 euro (per la versione Wi-Fi a 16gb) e addirittura 799 euro (per la versione Wi-Fi+3G a 64gb). Prezzi non bassi, in termini assoluti, visto che ormai un laptop di fascia media non costa più di 400-500 euro, ma che negli Stati Uniti non hanno frenato vendite-record: un milione di unità in ventotto giorni (contro i 74 che ci aveva messo l’iPhone per raggiungere lo stesso traguardo) e quasi nove milioni previste per il 2010 (il 43% delle quali negli Usa). Il successo, almeno iniziale dell’iPad, unito a quello ormai consolidato di iPod e iPhone, ha portato nei giorni scorsi la Apple a diventare la compagnia hi-tech più valutata sui mercati (221 milioni di dollari), scavalcando i rivali storici di Microsoft (219 milioni). È tutto oro quello che luccica, insomma? Non esattamente.
Intendiamoci, l’iPad è un oggetto splendido e probabilmente, per usare le parole di Steve Jobs, davvero «rivoluzionario». Chiunque abbia avuto per le mani, anche per qualche minuto, un iPhone o un iPod Touch può intuire immediatamente le potenzialità del nuovo gioiellino di Apple. La velocità, la semplicità d’uso e la pulizia del sistema operativo sviluppato a Cupertino sono ormai leggendarie. Proprio come la straordinaria base di software sviluppato per iPhone da cui l’iPad può partire, in attesa che vengano prodotte applicazioni “specializzate” in grado di sfruttare il monitor più ampio (9,7 pollici) e la risoluzione più alta (1024x768). Con le sue caratteristiche tecniche, poi, l’iPad sembra poter dominare senza troppi sforzi il mercato dei lettori di E-book, finora quasi monopolizzato dal Kindle di Amazon.
Aggiungete una cpu (Apple A4 PoP da 1 gigahertz) in grado di surclassare qualsiasi console portatile per videogiochi in commercio, tanta memoria e una connettività estremamente flessibile (soprattutto nei modelli di punta), audio e video di altissima qualità e il cerchio, in teoria, dovrebbe chiudersi. E proprio questo ci hanno raccontato la schiacciante maggioranza dei giornalisti e dei commentatori che hanno invaso giornali e web nei giorni successivi al suo lancio statunitense. Il problema è che, troppo spesso, questi giornalisti - per “amore”, più che per interesse - quando scrivono dei prodotti Apple sembrano Emilio Fede quando parla di Silvio Berlusconi o Chris Matthews quando «sente i brividi» dopo un discorso di Barack Obama.
Qualsiasi creatura di Steve Jobs, insomma, viene osannata a prescindere e i suoi difetti vengono accuratamente ignorati. Di difetti, invece, l’iPad ne ha. E parecchi. Andiamo in ordine sparso. L’iPad non ha una porta Usb (o Firewire) per il collegamento di periferiche esterne. Una precisa strategia commerciale più che una mancanza incidentale, perché Apple preferisce vendere (a carissimo prezzo) ogni espansione, piuttosto che permettere all’utente di scegliere il proprio prodotto preferito. In un apparecchio multimediale così sofisticato, poi, non si può fare a meno di notare l’assenza di una webcam (o almeno di una fotocamera), di un’uscita video standard che permetterebbe di collegare senza troppi problemi l’iPad a un monitor o a una televisione hd e di qualsiasi compatibilità con Adobe Flash (la tecnologia software più utilizzata per i video e i videogiochi sul web). Tutto, insomma, sembra il frutto del tentativo di “sigillare” il tablet per impedirgli qualsiasi comunicazione con prodotti non targati Apple.
Una filosofia che Steve Jobs persegue da decenni, con alterne fortune. E che trova il suo completamento in quello che è il più grande asset, ma anche il più grave difetto dei prodotti multimediali Apple: iTunes. Se è vero, infatti, che proprio dalla vendita di musica e applicazioni (negli Usa anche film e serie tv) arrivano i profitti più vistosi per la casa della mela morsicata, è anche vero che il passaggio “obbligatorio” da iTunes per riempire di contenuti iPod, iPhone e iPad rappresenta una limitazione della libertà inaccettabile per chiunque non sia un utente occasionale o un fanatico della setta di Cupertino. Ecco perché sono sempre di più i clienti Apple che ricorrono alla tecnica del “jailbreaking” che permette un utilizzo molto più flessibile di iPhone e iPad (oltre che l’accesso, illegale, ad una miriade di applicazioni “piratate” a costo zero). Ed ecco perché, proprio nei giorni in cui l’iPad sbarca in Europa, una piccola compagnia tedesca - la Neofonie - si prepara a lanciare sul mercato un anti-iPad (significativamente battezzato “WePad”), che promette di far dimenticare tutte le limitazioni imposte da Apple al proprio hardware: display più grande (11,6 pollici); maggiore risoluzione (1366x768); processore più veloce (Intel Atom N450 a 1.66GHz); una webcam; due porte Usb; un lettore di memorie flash; un modem Wwan integrato; compatibilità assicurata con il software Adobe. Il tutto, racchiuso nelle accoglienti braccia del sistema operativo Android, sviluppato da Google per tablet e smartphone. Il prezzo? Probabilmente il modello di punta costerà come l’iPad di fascia più bassa. Apple deve stare attenta, insomma. Non sempre sono i rivoluzionari a vincere la rivoluzione.
UPDATE. Il nuovo nome del tablet di Neofonie sarà “WeTab” e putroppo il lancio è stato rimandato a settembre (h/t: Paolo Della Sala)
1 commento:
WePad ha cambiato nome in WeTab.
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