mercoledì 30 aprile 2008

Le solite “regioni rosse”

Nella vulgata che circola dalle parti del loft, è convinzione diffusa che il Partito democratico abbia perso le elezioni al Sud, mantenendo tutto sommato le proprie posizioni al Nord e nelle “regioni rosse”. Analizzando il risultato delle ultime elezioni politiche in parallelo con quelle del 2006, però, emerge un quadro piuttosto diverso. A livello nazionale, il Pd alla Camera ha raggiunto il 33,2% dei voti, contro il 32,6% di due anni fa (insieme al 31,3% dell’Ulivo, abbiamo calcolato la metà dei consensi raccolti dalla Rosa nel Pugno nel 2006). Una crescita, modesta, dello 0,6% che si è distribuita in maniera non troppo omogenea sul territorio.

Le circoscrizioni della Camera in cui il Pd ha migliorato più sensibilmente il risultato dell’Ulivo sono state Lazio 1 (+5.1%), Calabria (+4,2%), Umbria (+3,7%) e Toscana (+2,3%): una regione meridionale, una centrale (anche se più di regione, nel caso di Lazio 1, si dovrebbe parlare dell’area urbana di Roma) e due classiche “regioni rosse” (sempre centrali).

Il Partito democratico è cresciuto più della media nazionale anche in Lombardia 1 (+1,0%), Friuli Venezia-Giulia (+1,0%); Marche (+1,3%), Lazio 2 (+2,3%), Basilicata (+1,4%) e Sicilia 1 (+0,7%). Anche in questo caso, la distribuzione geografica è tutt’altro che omogenea: una circoscrizione settentrionale, due centrali e due meridionali. Riepilogando, il Pd è cresciuto più dello 0,6% in due circoscrizioni settentrionali, cinque circoscrizioni centrali e tre circoscrizioni meridionali (di cui una marginale). Quasi il contrario di quello che affermano dalle parti del Pd.

La sensazione, invece, è che il partito guidato da Walter Veltroni sia riuscito ad attrarre elettori – e soprattutto gli elettori che nel 2006 avevano votato per i partiti della Sinistra Arcobaleno – soprattutto nelle “regioni rosse” in cui, tradizionalmente, il suo apparato di potere è consolidato da decenni. Altrove, le cose sono andate diversamente.

In alcune circoscrizioni il Pd è cresciuto, ma meno dello 0,6% che ha rappresentato la sua performance media nazionale. Da Nord a Sud: Piemonte 1 (+0,2%); Liguria (+0,5%) e Puglia (+0,4%). In Lombardia 2, il Pd ha conservato il (debole) 24,5% conquistato nel 2006. In tutte le altre circoscrizioni, i voti del Pd sono scesi rispetto a quelli dell’Ulivo (più metà RnP) nel 2006. Sempre da Nord a Sud: Piemonte 2 (-0,5%); Lombardia 3 (-0,4%); Veneto 1 (-1,5%); Veneto 2 (-0,7%); Emilia Romagna (-0,2%); Abruzzo (-0,5%); Campania 1 (-0,6%); Campania 2 (-0,8%); Sicilia 2 (-2,3%) e Sardegna (-0,4%). Un discorso a parte lo merita il Molise, dove il Pd ha perso la bellezza del 12,6%, subendo da parte dell’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro una “cannibalizzazione” in piena regola.

Anche analizzando il risultato della tornata amministrative il risultato non cambia. Alle elezioni provinciali (e alle comunali di Roma), che hanno coinvolto un numero maggiore di elettori, il Pd perde o guadagna “a macchia di leopardo”, senza un trend geografico significativo. A Roma, il Pd perde quasi il 7% (contando anche la lista civica pro-Veltroni del 2006), mentre ad Asti guadagna 2 punti percentuali. A Foggia la perdita è vistosa (-7,1%), ma a Udine la crescita è solida (+4,6%). A Catanzaro il Pd perde il 7,8%, ma anche nella provincia di Massa-Carrara le cose non vanno molto meglio (-6,5%).

Se davvero, dunque, i dirigenti del Pd sono convinti di aver perso le elezioni al Sud, qualcuno li dovrebbe avvertire di rifare i conti. Il Pd, a parte che nelle “regioni rosse”, le elezioni le ha perse in tutta Italia.

(su Liberal di oggi)

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