martedì 31 luglio 2007

Mission Accomplished

Il mondo è tornato ad essere un posto normale. Ricordate, qualche settimana fa, l'editoriale del New York Times (la password per leggerlo cercatela qui) che invocava il ritiro statunitense dall'Iraq? Il giorno dopo, giornali e telegiornali italiani avevano ripreso la "notizia" come se si fosse trattato di un annuncio ufficiale da parte della Casa Bianca. Analisti, commentatori e semplici passanti avevano detto la loro sull'argomento (provate a fare una ricerca veloce su google). E un solo concetto emergeva, solido come la roccia: se l'ha scritto il New York Times, ci deve essere qualcosa di vero; la guerra in Iraq è persa, il ritiro è vicino.

Ieri, lo stesso giornale ha pubblicato un editoriale molto più serio: frutto di una ricerca compiuta sul campo, direttamente nel triangolo sunnita iracheno, e non di elucubrazioni estive partorite nella calda estate di Manhattan; scritto da due analisti di un think-tank rispettabile, anche se un po' sinistrorso, e non da un esponente di quella gerontocrazia mediale che sta uccidendo la carta stampata indipendente. Questo editoriale, però, aveva un problemino di non poco conto, perché sosteneva una tesi diametralmente opposta a quella imperante nei bunker disfattisti dei mainstream media occidentali: la nuova strategia dell'amministrazione Bush in Iraq sta funzionando; la guerra si può vincere.

Osservare il diverso modo con cui questi due diversi editoriali - pubblicati dallo stesso quotidiano a distanza di appena qualche giorno - sono stati recepiti dal resto dei media è estremamente significativo per rendersi conto del grado, forse irreversibile (e spesso inconsapevole), di deviazione sinistra raggiunta dal mondo dell'informazione al di qua e al di là dell'Atlantico. In Italia, l'articolo di Michael E. O'Hanlon e Kenneth M. Pollack è stato semplicemente ignorato da giornali e telegiornali. Quando il NYT ha indicato the road home, al contrario, lo straordinario evento ha fatto bella mostra di sé per ore come "ultimora" di SkyTg24 e come titolo d'apertura di telegiornali, radiogiornali, giornali, testate online, blog più o meno autorevoli e bollettini parrochiali ciclostilati.

Negli Stati Uniti, i due analisti (che si dichiarano "duramente critici con l'amministrazione Bush"), sono stati invece trattati come due sfacciate cheerleader della Casa Bianca, pronti a vendere la propria integrità professionale per raccogliere le briciole del solito complotto pluto-giudaico-massonico di Cheney-Halliburton-CocaCola-McDonald's-Topolino. I toni di disprezzo raggiunti, in particolare, su alcuni blog della sinistra americana (ma non solo sui blog, provate a leggere Glenn Greenwald su Salon per esempio), è raccapricciante. Soprattutto se si considera che, effettivamente, O'Hanlon e Pollack non hanno in passato risparmiato giudizi assai pesanti nei confronti della Casa Bianca e della sua strategia in Iraq (McQ su QandO ha raccolto alcune "perle" molto interessanti).

Insomma, siamo alle solite: i mainstream media hanno faticosamente costruito dal nulla una rappresentazione della "realtà" (che stranamente coincide con quella delle fazioni più radicali della sinistra mondiale) modellata secondo le proprie sensibilità culturali e ideologiche. E cercano, con metodi che conoscono da decenni, di diffondere questo complesso intreccio di mezze verità, schiette bugie e giochi di specchi per alterare la percezione dell'opinione pubblica. Anzi, di un insieme di individui che si ostinano a chiamare opinione pubblica. Tutto quello che contribuisce a corroborare questa falsa rappresentazione della realtà è amplificato, diffuso, analizzato, lodato, vezzeggiato e benedetto. Tutto quello che, per un motivo qualsiasi, potrebbe contribuire a falsificare la Teoria è distrutto, vilipeso, azzannato, deriso, disprezzato o, molto più semplicemente, ignorato. Il coraggioso editoriale scritto dagli analisti della Brookings Institutions appartiene a questa seconda categoria. E come tale è stato trattato. Missione compiuta: il mondo, il loro mondo, è tornato ad essere un posto normale.

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