La notizia, di per sé, sarebbe clamorosa: il presidente degli Stati Uniti d’America, leader riconosciuto dell’Occidente e del mondo libero, colto dai fotografi e dai cameramen mentre - durante il G20 di Londra - regala un lungo e ossequioso inchino al chiacchierato re saudita, Abdullah. In violazione a qualsiasi protocollo diplomatico, scritto e non, in vigore alla Casa Bianca. Eppure, mentre i mass media di tutto il mondo si sollazzavano con le “gaffe” di Berlusconi, su quella di Obama è piombato un muro impenetrabile di silenzio. Almeno sui media tradizionali, perché su Internet il video e le foto dell’inchino continuavano a circolare vorticosamente, scatenando un uragano di discussioni e di polemiche.
Fino a ieri, l’unico quotidiano statunitense a dedicare qualche riga all’accaduto era stato il conservatore Washington Times. Poi è arrivato, a sorpresa, un articolo del giornale arabo Asharq Al-Awsat. Sotto l’esplicito titolo «Il segreto dietro l’inchino di Obama al Re», Muhammad Diyab scrive fa che «il gesto del presidente americano ha sollevato nuovamente negli Usa il problema della sua identità religiosa». «Obama - scrive il giornalista arabo - ha vissuto una parte della sua infanzia in Indonesia ed inchinarsi, nella cultura indonesiana e asiatica in generale, è un segno di rispetto e di apprezzamento».
Apriti cielo. La Casa Bianca, dopo essere riuscita - con la complicità dei media (non solo americani) - a “occultare” l’inchino per una lunghissima settimana, è stata costretta ad una smentita, che finora è soltanto servita a gettare benzina (o petrolio?) sul fuoco di polemiche che si stavano lentamente spegnendo. «Non si è trattato di un inchino - ha dichiarato al quotidiano online The Politico un consigliere (rigorosamente anonimo) di Obama - il presidente voleva stringere al re entrambe le mani, ma essendo molto più alto...». Quando il “rimedio” è peggiore del male. In realtà, il vero “scandalo” non sta tanto nell’inchino (oggettivamente imbarazzante) di Obama, quanto nel silenzio assordante dei mezzi d’informazione. Gli stessi che, quando George W. Bush aveva osato stringere (un po’ troppo teneramente, per la verità) la mano allo stesso sovrano saudita, non avevano esistato un attimo nel “massacrare” l’ex presidente.
Ma facciamo un passo indietro allo scorso 2 aprile. A pubblicare per primo la foto incriminata (e poi il relativo video, che si può vedere online su YouTube) era stato il blog conservatore The American Thinker. E la notizia si era diffusa rapidamente come un virus sulla “riva destra” del cyberspazio. Per Jihad Watch si trattava di una aperta «violazione del protocollo», che non prevede inchini del presidente americano nei confronti di «monarchi stranieri», in quanto “atto esplicito di sottomissione ». Scott Johnson di Powerline (uno dei blog che aveva fatto esplodere lo scandalo del “Rathergate” nel 2004) era arrivato a paragonare il gesto al celebre bacio tra Jimmy Carter e Leonid Breznhev nel 1979. E la pasionaria conservatrice Michelle Malkin era entrata prepotentemente nella discussione, scatenando la reazione di centinaia di blog, a destra e a sinistra dello schieramento politico. Poi, lentamente, la notizia era passata in secondo piano, scavalcata dalla cronaca quotidiana. Fino al coraggioso editoriale del Washington Times e all’articolo di Asharq al-Awsat che hanno costretto la Casa Bianca alla sua anonima e goffa smentita.
Adesso, però, il “vaso di Pandora” sembra essere stato finalmente scoperchiato. E, mentre scriviamo, le edizioni online di moltissimi quotidiani internazionali stanno dando notizia della “smentita” senza aver mai dato spazio alla notizia originale. Hanno aperto le danze il Pittsburgh Tribune-Review, l’Examiner, la Jewish Telegraphic Agency, il Weekly Standard, il Daily Telegraph, il Chicago Sun-Times e il Guardian. Ma si può essere ragionevolmente certi che la notizia (insieme alle foto e al video) continueranno a diffondersi nei prossimi giorni. Come amava ripetere Abraham Lincoln, "si può ingannare tutti per qualche tempo e alcuni per tutto il tempo, ma non potete ingannare tutti per tutto il tempo". Soprattutto nell’era di Internet.
(in edicola domani su Liberal quotidiano)
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