Quando alla Casa Bianca abitava quel “terrorista” di George W. Bush - e la politica estera degli Stati Uniti (dopo l’11 settembre) era caratterizzata da un confronto “duro e puro” con il fondamentalismo islamico - l’Europa non c’era. O meglio, c’erano due o tre strategie europee in contraddizione tra loro: quella esplicitamente anti-yankee di Chirac e Zapatero; quella più atlantica degli ex Paesi comunisti; quella ondivaga e camaleontica di tutti gli altri (Italia compresa).
Oggi, alla Casa Bianca ci abita Barack Hussein Obama, che in omaggio al proprio middle-name ha scelto di «fare pace con l’Islam» - offrendo negoziati-a-costo-zero a Iran ed Hezbollah, spingendo per l’entrata della Turchia nella Ue e promettendo diplomazia globale a prezzi da bailout - e l’Europa ancora non c’è. O meglio, come sempre non c’è una linea strategica condivisa tra i Paesi che compongono l’Unione europea. Ognuno procede in ordine sparso. Qualcuno risponde all’appello di Obama sulla necessità di una surge in Afghanistan inviando migliaia di soldati; qualcun altro si limita a promettere sei fanti leggeri, un sergente e tre cani-poliziotto prima dell’offensiva talebana di primavera.
Sulla Turchia nella Ue, poi... Sarkozy e la Merkel dicono (bruscamente) a Obama di farsi gli affari propri, perché di Istanbul non vogliono neppure sentir parlare. Tutti gli altri, chi più e chi meno, iniziano a cucire bandiere europee con 27 stelle e una mezzaluna. Posizioni condivise? Nessuna. Visioni strategiche compatibili? Neppure l’ombra. La triste, tristissima, verità è che il problema degli ultimi decenni non è stato - come molti hanno tentato di farci credere - la politica estera americana. Hardcore bushiano o softcore obamista, la strategia degli Stati Uniti è solida, coerente e comprensibile. Quella europea, invece, non è soltanto incoerente e incomprensibile. Semplicemente non esiste. Forse perché l’Europa non è mai esistita.
(domani su Liberal quotidiano)
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