Il dibattito sul futuro di Forza Italia si riaccende, anche quest’anno, in occasione della kermesse di Gubbio. Renato Brunetta, Sandro Bondi, Franco Frattini, Claudio Scajola, Vittorio Feltri, Antonio Socci e Fausto Carioti sono intervenuti dalle colonne di Libero (proprio sul blog di Fausto, A Conservative Mind, c’è un round-up completo). Sandra Giovanna Giacomazzi, Giordano Bruno Guerri, Paolo Guzzanti e Paolo Del Debbio hanno espresso le loro idee su Il Giornale (tutti i link agli articoli su Centrodestra). Giuliano Ferrara, naturalmente, ne ha scritto su Il Foglio. Alcuni blogger di TocqueVille vedranno i propri interventi pubblicati sulle pagine de L’opinione in un numero speciale che verrà distribuito proprio a Gubbio. E molti altri diranno la loro nei prossimi giorni. L’occasione per esprimere le proprie idee, insomma, sembra troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire.
Eppure, da parte nostra, assistiamo con un certo scetticismo a questo improvviso fiorire di strategie politiche concentrate nello spazio, ad essere larghi, di una settimana. Il dibattito sul futuro di un partito che rappresenta un quarto dell’elettorato italiano (e la metà di quello del centrodestra) dovrebbe rappresentare la regola e non l’eccezione. Soprattutto se ci si trova di fronte ad un partito che aspira a diventare la pietra angolare per la costruzione del futuro Partito delle Libertà. Ci piace molto, e chi legge questo blog poteva benissimo immaginarlo da solo, l’idea di Brunetta di costruire un network parallelo alla struttura di partito per provocare cortocircuiti politici, culturali e mediatici in grado di stimolare l’attività di Forza Italia e far crescere il network stesso. Nel nostro piccolo, con TocqueVille, stiamo cercando di fare proprio questo da oltre un anno. Anche se al livello di coalizione, anzi di coalizione “allargata”, invece che di partito. E Forza Italia, con tutti i suoi difetti, contiene già nel proprio codice genetico la struttura tipica di un network: basta soltanto recuperarne lo spirito originario.
Ma per costruire – e far funzionare – un network non servono soltanto buone idee (quelle che, secondo Albert Einstein, sono “davvero rare”) o dibattiti che durano lo spazio di un weekend. C’è anche bisogno di tanto lavoro e tanta generosità. C’è la necessità che il network, per sua struttura intrinseca o per decisione d’imperio (Silvio, dove sei?), sia in grado di premiare chi rinuncia, almeno in parte, ai propri interessi particolari a beneficio dell’interesse di tutti. Coltivare il proprio orticello e difendere i propri steccati non è soltanto esercizio di egoismo (e non ci sarebbe niente di male in questo), ma è soprattutto una pratica inutile e fondamentalmente stupida, almeno nel medio/lungo periodo. E’ arrivato il momento di far prevalere la difesa e la diffusione delle idee rispetto alla conservazione delle proprie posizioni acquisite. Nelle guerre, anche in quelle culturali o politiche, nascondersi nella propria trincea è come essere dalla parte del nemico.
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