Interessante, serrato, a volte aspro, a tratti comico. Ignazio La Russa, Emilio Fede, Marco Minniti e Maurizio Mannoni hanno dato vita al dibattito più interessante visto in questi giorni ad Atreju 06, in attesa del grande scontro di domani tra Fini e Bertinotti.
Il tema non era semplice: la legalità in tutte le sue declinazioni. Ma prima dell'inizio ufficiale dell'evento da segnalare un simpatico siparietto tra Ignazio La Russa, Maurizio Gasparri e Giorgia Meloni.
La Russa: "Giorgia, ma chi modera? Il presidente del FUAN?”
Meloni: “Ignazio, ancora con il FUAN? Non esiste più. Ora si chiama Azione Universitaria”
La Russa: "Come si chiama?"
Meloni: "Azione Universitaria"
La Russa si rivolge ridendo a Gasparri: “Maurì, hai visto? Non c’è più il FUAN. Ma guarda un po'... Lo sapevi?”
Ma non c'è tempo, né voglia, di ridere troppo. C'è il ricordo di Oriana Fallaci, ricordo composto e sincero da parte di una platea che non è sempre stata d'accordo con le esternazioni della giornalista fiorentina. Subito dopo si parte e il moderatore piazza subito la domanda provocatoria: la legalità è la parola magica o è una parolaccia? Inizia il viceministro dell'Interno, Marco Minniti.
"La legalità è una grande questione che è fondamentale nella vita della democrazia. Attraverso di essa si rendono uguali persone che sono differenti. La democrazia è un contratto nel quale ognuno cede un pezzo della propria libertà personale nel quadro della libertà collettiva, c’è bisogno di qualcuno che garantisca la libertà di tutti. L’idea di legalità e sicurezza è profondamente mutato nel tempo. Oggi non è separata la sicurezza interna dalla sicurezza esterna. Una parte della sicurezza italiana si gioca fuori dai nostri confini. La domanda che dobbiamo porci è la seguente: c’è un rapporto tra sicurezza, legalità e libertà? Si è aperta una discussione in molti paesi sull’idea che a un certo punto di fronte al principio di legalità, ci possa essere uno scambio: più sicurezza, meno libertà. Io ho dei grandi dubbi. La sfida di una democrazia è quella di vincere i problemi di sicurezza e legalità con le armi democratiche. Il nostro vero successo è quello di vincere la drammatica sfida della sicurezza con le armi della democrazia. Sarebbe più semplice seguire altre strade. Ma finiremmo per perderci e daremmo una ragione di fondo all’idea del terrorismo integralista: portare tutto sullo stesso loro piano”.
Parola a Ignazio La Russa, capogruppo di Alleanza Nazionale alla Camera.
“Non si può non essere d’accordo in linea di principio. Oggi la sicurezza ha un’importanza diversa da quella che poteva avere qualche anno fa. E’ una questione globale. Se noi oggi non fossimo all’altezza in un contesto internazionale saremmo tacciati di incompetenza. Il problema, però, non è quello di definire il limite tra libertà e sicurezza. La sinistra, all’epoca delle BR, ha contributo ad approvare leggi speciali, giustamente. Eccezione vincente che ha inciso sulle libertà personali ma per affrontare un’emergenza. Rimane la regola, dunque. Tutto deve essere democratico. Il Parlamento democratico decide, anche in caso di leggi speciali. Farei un passo indietro sul dato culturale: ho sempre ritenuto che per la sinistra il concetto di sicurezza sia sempre stato etichettato come propaganda della destra. Poi si sono resi conto che la sicurezza non è questione di parte. La gente chiede sicurezza, a prescindere dagli schieramenti di appartenenza. Tuttavia una parte della sinistra soffre ancora di questo complesso. Ogni volta che si fa una proposta concreta in materia di sicurezza c’è sempre un freno messo dalla sinistra. La legge sulla legittima difesa è stata vista come uno scandalo e invece era un tentativo parzialissimo di rispondere a un nuovo tipo di criminalità”.
Il discorso si fa serio e interessante. Ma ci pensa Emilio Fede a sparigliare le carte: "Si, d'accordo. Ma io pensavo a un'altra cosa. CHI CI PROTEGGE DA PRODI?". E' il delirio. L'applaudo è scrosciante. Nemmeno Fini avrà lo stesso successo. Siamo pronti a scommetterci. Ma poi il vulcanico (finto come quello di Villa Certosa?) direttore del Tg4 si fa serio (ma non troppo) e si sofferma su libertà di informazione e legalità. Aneddoto gustoso, quello che racconta: Legalità, libertà ma anche libertà di informazione. Bisognerebbe parlare del rapporto tra giustizia e informazione. "Tempo fa Nanni Moretti dichiarò che io utilizzo la mia professione come un tempo si utilizzavano i manganelli. Io l’ho querelato e la magistratura ha sentenziato che in politica si possono usare anche termini forti, purché metaforicamente. Nanni Moretti, dunque, è un deficiente. Metaforicamente parlando, ovviamente. (Altro applauso, ndr) Ieri si presenta un gruppo di avvocati per dirmi che Nanni Moretti mi aveva querelato perché durante il lancio di un servizio sulla consegna dei David di Donatello non avevo citato Il Caimano. Capite? Pensate a cosa si può arrivare quanto a tentativo di limitare la libertà di informazione. Viviamo in un paese in cui la libertà di informazione è un bene prezioso. Nessuno deve pensare di censurare”.
Dopo la 'sbronza' Fede ci pensa Mannoni a riportare tutti con i piedi noiosamente per terra. “Come sempre è difficile intervenire dopo Emilio Fede. Io intanto vi ringrazio per avermi invitato a questa vostra festa. Quest’estate ho fatto qualche festa dell’Unità, quindi ristabilisco la par condicio (voce dal pubblico seguita da applausi: “Sei migliorato”). La legalità non deve mai essere a convenienza. Esempio Calciopoli. Sono passati pochi mesi. Fino a pochi mesi fa volevamo tutti giustizia e volevamo ripartire da zero. Dopo tre mesi tutti si sono dimenticati e Moggi, prima dipinto come un mostro, oggi viene conteso dalle varie televisioni. Per prepararmi seriamente sono andato a vedere alcuni dati. Siamo agli ultimi posti in Europa e nel mondo siamo dietro paesi come la Nigeria. Dati da prendere con le molle ma sempre indicativi. Truffe, lavoro nero, evasione fiscale, abusi edilizi. Tutto accompagnato anche dalla lentezza della giustizia che accentua questi fenomeni. Anche la sinistra di fronte a questi temi è stata presa in contropiede. Un conto è parlarne quando si è all’opposizione ma quando si governa le cose cambiano. Esempio Cofferati a Bologna: messo in croce dalla sinistra perché la legalità non può essere valida in situazioni di particolare disagio. Il sindaco di Padova (DS) di fronte ad una situazione di grande emergenza e alle proteste della popolazione, non ha saputo far altro che erigere un muro. Lui dice: va bene, forse ho sbagliato ma la gente chiede legalità e io sono stato lasciato solo. Non poteva fare altro.
Ma il tema caldo di questo dibattito, quello che tutti aspettavano, è l'indulto. I giovani di Alleanza Nazionale sono fermamente contrari a provvedimenti di questo tipo e la platea di Atreju lo dimostra in maniera netta. Giovanni Donzelli, presidente di Azione Universitaria e moderatore dell'incontro, è breve e diretto: questo indulto ha aiutato la legalità in Italia? Altrettanto concisa e chiara è stata la risposta di La Russa: “Ovviamente no, e per un motivo molto semplice: buona parte è già rientrata in carcere. Pochi? No, solo quelli che sono riusciti a beccare. Il carcere si riempie di nuovo quindi il beneficio qual è? Semmai costruiamo un percorso di recupero vero: nuove carceri, un percorso di formazione per insegnare a questa gente un mestiere. Un delinquente che immagina che poi arriva sempre la politica a farti uscire dal carcere di certo non aiuta”.
Diversa, ovviamente, la posizione di Marco Minniti: "Non c’è dubbio che se escono persone che hanno commesso reati, questo è un problema per la sicurezza pubblica. Ma avevamo una presenza nelle carceri esorbitante. 40000 posti disponibili, 63000 detenuti. Si potevano lasciare lì in quello stato? La pena deve correggere e recuperare. In un carcere dove ci sta troppa gente non c’è possibilità di correggere e rieducare. Si può discutere su tutto, per carità, ma ad inizio di legislatura si è detto: sul terreno delle carceri si deve voltare pagina. Altre carceri? Certo, iniziamo a costruirle. Ma tenere 63000 persone al posto di 40000 è un segno di inciviltà. La civiltà vera di un paese si vede nei luoghi di sofferenza. Non è un tema di sinistra né di destra. Non c’è dubbio che nel momento in cui c’è questo tipo di processo, da me condiviso, so bene che il ministero dell’Interno è meno contento di quello della Giustizia. Tuttavia, non so se tutti quelli che hanno commesso reati dopo l'indulto siano stati presi, ma il rapporto tra 22.000 usciti dalle carceri e 500 arrestati di nuovo per altri reati, è un rapporto positivo, un rapporto che ci sta. Non siamo di fronte ad una escalation. La sicurezza non si affronta solo con le statistiche. E’ un problema che riguarda la percezione della gente" (ndr: Caro Minniti, ma secondo lei la gente che sa che ci sono in giro 22.000 delinquenti in più non PERCEPISCE insicurezza?).
Quando si parla di immigrazione, invece, si fa serio anche Emilio Fede e persino Maurizio Mannoni esterna le sue incertezze e i suoi dubbi, chiedendo a gran voce una normativa "umana ma ragionata e non superficiale". Ma ormai su questo tema lo scontro è tutto tra La Russa e Minniti. E' il momento più 'alto' del dibattito, degno di un serrato e aspro confronto televisivo. Le posizioni sono lontane, e questo si sa. La platea applaude calorosamente più volte le esternazioni di La Russa ma Minniti, con coraggio e coerenza, bisogna ammetterlo, ribadisce senza indietreggiare di un millimetro le proprie idee in materia. Ancora più rovente lo scontro sulla cittadinanza agli immigrati. Ma ormai il dibattito scivola verso la fine, mentre il cellulare di Emilio Fede squilla continuamente e il direttore del TG4 spera, e lo dice pure, che sia Berlusconi.
Un bel dibattito, dunque, in cui i 'contendenti' hanno dimostrato passione e competenza. Oltre che una sana dose di coerenza politica. La Russa non ha approfittato del fatto di giocare in casa, Minniti non era per nulla intimorito e ha affrontato la platea con rispetto (reciproco) ma senza passi indietro. Ancora una volta Atreju dimostra la sua utilità e le reazioni della platea dei militanti di Azione Giovani sono l'ennesima dimostrazione (se ancora ce ne fosse bisogno) che i fascisti, quelli veri e da isolare, non vivono più da queste parti. [dom]
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