Il finale dell'ultimo commento scritto da Paolo Guzzanti per il Giornale (non sembra strano anche a voi aver potuto iniziare a leggere il quotidiano milanese su Internet prima della pensione?) è in larga parte condivisibile. Come quando afferma che "c'è un'Italia maggioritaria (e non solo e tutta di destra) che non ne vuol sapere di essere governata e diretta dai comunisti di oggi o dai successori del vecchio Pci". "Ci sarà una ragione - si chiede Guzzanti - visto che larghissima parte di quest'area è di sinistra riformista, repubblicana, socialista e liberale, oltre che cattolica. E allora: lo steccato che divideva artificialmente laici e cattolici è caduto e una grande maggioranza di italiani vuole forti riforme senza comunisti sulla testa, a cominciare da Rutelli". A parte Rutelli, che qui non si vorrebbe toccare neppure con un bastone appuntito, Guzzanti dipinge bene "l'anima generale del nuovo partito", di quel partito unitario del centrodestra che sarà obbligatorio costruire (non tanto da qui al 2006, ma soprattutto oltre la scadenza elettorale): "E' quella di persone che non intendono dividersi per guerre di religione, che credono in riforme capaci di rilanciare l'Italia. E niente comunisti in nessuna salsa, compresa la loro consueta coda di socialisti, quelli ai quali non basta mai la lezione della storia". Tutto molto bello, tutto molto vero. Ma - come si lamentava una sera Krillix dopo aver bevuto una grappa di troppo - perché Guzzanti, oltre a raccontarlo a noi, non trova anche il tempo per spiegarlo ai figli?
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