L’avevano data per morta - politicamente, s’intende - dopo un pugno di voti espressi, con un metodo tanto affascinante quanto bizzarro, dagli elettori di uno stato rurale del Midwest. Adesso ne parlano come di una sorpresa assoluta, quasi fosse una giovanotta che la Casa Bianca l’ha vista soltanto in televisione, capace di sovvertire i pronostici contro un avversario più forte, più ricco e più smaliziato. Sbagliavano prima e sbagliano anche adesso. Ma una cosa è certa: con la vittoria alle elezioni primarie del New Hampshire, Hillary Rodham Clinton è riuscita, in una sola notte, a spiazzare gli analisti, i media e gli esponenti di quella chattering class che si erano ormai fusi “come un sol uomo” nel rito collettivo della Obamamania (l’Obamagasm, come lo definisce l’editorialista conservatore Mark Steyn).
Sconfessati tutti i sondaggisti, che hanno indovinato quasi alla perfezione i risultati di ogni candidato in gara, ad eccezione di Hillary e Obama (una coincidenza?), la gara per la conquista della nomination democratica riparte praticamente da zero. E i prossimi appuntamenti in Michigan, Nevada e South Carolina saranno decisivi per la battaglia di posizionamento in vista della Florida e degli stati del Super Tuesday. Ma come ha fatto l’ex First Lady a rimontare in New Hampshire, dopo che i sondaggi degli ultimi giorni (compresi quelli riservati in possesso della stessa Hillary) la vedevano in svantaggio di oltre dieci punti percentuali? Una delle teorie più gettonate è quella relativa all’impatto che avrebbero avuto, sull’elettorato femminile, le lacrime versate da Hillary in diretta televisiva durante una trasmissione di Abc News.
Ipotesi suggestiva, perché effettivamente la Clinton ha conquistato il 46 per cento del voto femminile (contro il 34 di Obama), mentre in Iowa i ruoli erano esattamente invertiti. Un’analisi approfondita degli exit-poll, però, dimostra come i due candidati democratici si siano divisi, esattamente a metà, gli elettori che hanno fatto la loro scelta nelle ultime ore. Non sono state le lacrime di Hillary, insomma, a scatenare la sua rimonta in extremis. E’ stata, piuttosto, la capacità della macchina organizzativa dei Clinton di compattare, mobilitare e scuotere quei segmenti tradizionali dell’elettorato democratico (la cosiddetta FDR coalition) a cui la campagna di Hillary si rivolge da sempre. L’errore degli analisti, come degli esegeti di Obama, è stato quello di sottovalutare la potenza di questa macchina da guerra.
RightNation
venerdì 11 gennaio 2008
La macchina da guerra di Hillary
Gli analisti, non solo americani, hanno attribuito la rimonta di Hillary Rodham Clinton alle quasi-lacrime versate in diretta televisiva su ABC News il giorno prima del voto. Secondo noi, le cose non stanno esattamente così, come abbiamo scritto ieri per L'Indipendente (che dal prossimo 23 gennaio si trasformerà in Liberal Quotidiano), in un breve commento che vi riproponiamo integralmente.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento