Pubblichiamo la versione integrale dell'introduzione, scritta da Renato Brunetta, al libro "Il Grande Intrigo" di Davide Giacalone, in distribuzione in questi giorni insieme al quotidiano "Libero".
"Faccio l’economista di professione, seguo la vita politica e quella della aziende, ma molte delle cose contenute in questo libro, riferite a fatti di cronaca recentissimi ed al processo di privatizzazione della Telecom Italia, le apprendo adesso per la prima volta. Ha potuto leggerle prima solo chi ha approfittato del coraggio di un editore, Rubbettino, che due anni fa mandò in libreria “Razza Corsara”. Prevalse la congiura del silenzio.
Capiamoci subito: questo non è un libro per specialisti, non fatevi ingannare da qualche grafico o da qualche vocabolo più tecnico, perché tutto è spiegato in maniera semplice, queste pagine possono essere lette come un thriller, come una spy story, come un ritratto dell’Italia dei nostri giorni, come un’indagine di (mal)costume e come un’istantanea del mondo economico e dei suoi intrecci con la politica. Ciascuno le legga come vuole, avrà comunque modo di capire cose che nessuno ha voluto raccontare. Basta prendersi il tempo necessario ed il lettore si troverà fra le mani il perché, il come ed il chi di un’avventura che ha fatto defluire montagne di ricchezza dalle tasche dello Stato a quelle di certi privati.
Ancora oggi ci raccontano, i soliti giornalisti, in modo apologetico la stagione delle grandi privatizzazioni, quella di Telecom Italia in testa a tutte. Leggete e scoprite cosa c’è dietro, fatevi un’idea di cosa è stato taciuto e non farete fatica a capire perché lo si è taciuto. Scoprirete anche che alcuni degli scandali che oggi si affacciano sui giornali, dai soldi che Giovanni Consorte prendeva all’estero (per sua stessa ammissione), alla girandola d’intercettazioni telefoniche che ha spiato tutto e tutti, calcio compreso, potevano essere visti, anzi, sono stati visti in anticipo, perché resi possibili da un meccanismo che era stato individuato e denunciato, sebbene nessuno ha ritenuto d’intervenire.
Leggere queste pagine, e scoprirete che Ricucci & C., a confronto, sono gli sprovveduti del quartierino. Ma scoprirete, anche, che se oggi qualcuno va in galera (da presunto innocente, come tutti i cittadini che non siano stati condannati in via definitiva), agli ideatori del sistema non è stata riservata neanche l’attenzione dei mezzi d’informazione. Niente, come se fosse tutto normale, ed invece non lo è affatto.
Maneggiate questo libro come se fosse un romanzo a puntate, ma ricordando che tutti i fatti sono documentanti, nulla è stato inventato, e non trascurando di assorbire quel che più volte sarà ripetuto: i processi si fanno in tribunale, non sui giornali, noi non usiamo le carte delle procure, ma solo e soltanto quel che troviamo nel mercato dell’informazione, quel che conosciamo direttamente, quello che studiamo con attenzione. E, in ogni caso, nessuno può essere considerato colpevole di niente sulla base di una semplice accusa. Ci vogliono i processi, ed il fatto che si celebrino dopo anni è uno scandalo mai sufficientemente deprecato.
E adesso permettetemi d’illustrare brevemente le tappe del racconto, così come le ricordo dopo averlo letto, anzi bevuto, con la suspance di un giallo. Nel primo capitolo si scopre che i casi Cirio e Parmalat non sono isolati, e che i rapporti fra certe aziende e la politica non solo non sono cessati con le privatizzazioni, ma proprio da lì sono ripartiti alla grande, ed in modo niente affatto commendevole. Nel secondo il lettore avrà le vertigini nel leggere certe cifre, nell’apprendere che lo Stato vendette un grattacielo, e con il ricavato acquistò una cabina al mare. Nel terzo apprenderà che tutte le garanzie date dal governo ai risparmiatori sono state tradite. Tutte, e nel giro di pochi mesi.
Roba da pazzi. Nel quarto comincerà a sentir puzza di marcio, perché sarà messo di fronte al meccanismo che portò all’opa di Colaninno, al ruolo di Palazzo Chigi, ed al fatto che Telecom finì nelle mani di società off shore, vale a dire esenti da fisco e da trasparenza, ed è da lì che arrivarono poi le parcelle a Consorte, e non solo a lui, ovviamente. Potrà toccare con mano cosa significa avere un governo ed un’autorità di controllo nelle mani di signori che appartengono (per militanza e candidature) allo stesso partito politico, i democratici di sinistra. Potrà anche assistere allo scontro durissimo fra Prodi e D’Alema, ed all’umiliante sconfitta di Ciampi.
Nel quinto comincia l’amministrazione affidata agli uomini che tanto piacquero a Massimo D’Alema, e con loro arriva la “rapina in pieno giorno” di cui parlò il Financial Times. Qui scoprirà che i signori della quercia (Oak found) erano fra i nuovi proprietari di Telecom Italia. Nel sesto capitolo il triller si sposta in Brasile, dove succede che chi deve comperare una cosa vuole pagare il più possibile, lasciando il forte dubbio che i soldi servano a qualche cosa d’altro. Si scoprono personaggi che possono apparire esotici, ma solo come squali dalla dentatura assassina. Si viene a sapere che mentre il Parlamento brasiliano avvia un’inchiesta alcuni parlamentari di quel Paese si domandano: ma perché i nostri colleghi italiani, invece, non voglio sapere nulla? Si scopre che 810 milioni di dollari (di una società quotata in Borsa) possono essere spesi per non comprare niente. Nel settimo capitolo si fanno due conti: sembra roba per specialisti, ma serve solo a capire quanto forte è stata la mazzata per i risparmiatori.
E non dimenticando che le mazzate continuano a fioccare, ancora oggi, ogni mattina. L’ottavo capitolo racconta la stupefacente storia di come una società quotata in Borsa possa essere venduta di nascosto e pagando all’estero, con il risultato che: a. non si sa chi prende i soldi; b. chi li prende non paga le tasse. E’ qui che i furbetti hanno portato a casa un bel malloppo, ma il libro chiarisce che non si tratta affatto di una pratica consueta, di un costume da affaristi, no, si tratta di una totale deviazione dalle regole del mercato e della trasparenza. E non è finita: di lì a poco chi ha venduto rientra nella proprietà, e si consolida quel gruppo di potere che solo le inchieste giudiziarie sono riuscite a scalfire. Il nono capitolo ci riporta in Brasile, questa volta a far conoscenza con personaggi che chi li frequenta ci tiene a dire che neanche li conosce. La cosa triste è che questi scandali sono già da tempo emersi nel Paese sud americano, mentre da noi sono tenuti sotto una solida cappa di omertà. All’ultimo capitolo il lettore arriva esterrefatto, forse anche frastornato, non sapendo se credere a quel che ha letto, domandandosi com’è possibile che di tutto questo non si parli per ogni dove. E le pagine finali servono a dire che proprio diffondendone la conoscenza si pongono le premesse per un riscatto. Già, perché questi non sono affari di pochi, ma interesse di tutti.
Io sono assolutamente sicuro che se questo libro fosse stato scritto, da persone vicine alla sinistra, per documentare affari fatti da Silvio Berlusconi, per mesi non si parlerebbe d’altro, forse per anni, ed a loro si farebbe un monumento mediatico per inneggiare al coraggio. Con una differenza: che mentre altri scrivono pagine su pagine copiando dagli atti giudiziari ed ignorando assoluzioni e proscioglimenti, noi, al contrario, ribadiamo il nostro garantismo ad ogni pie’ sospinto e documentiamo fatti citando le fonti.
Proprio per questo, cari lettori, non solo v’invito a leggere “Il Grande Intrigo”, ma anche a diffonderlo, a farlo conoscere, a raccontarlo agli altri, ad organizzare presentazioni e manifestazioni. Perché l’onestà sia un valore di tutti, e non un’arma di alcuni (che non meritano di maneggiarla)".
(di Renato Brunetta, introduzione al libro "Il Grande Intrigo" di Davide Giacalone)
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