martedì 19 maggio 2009

Non chiamatelo disagio sociale

Prima l’assalto dei Cobas al segretario nazionale della Fiom, Gianni Rinaldini. Poi la guerriglia urbana scatenata lunedì dagli “studenti” dell’Onda Anomala (nomen omen) a Torino, replicata – a grande richiesta – ieri. È da qualche giorno, ormai, che le prime pagine dei giornali italiani regalano grande spazio a questi “moti di piazza”, che qualche autorevole commentatore descrive come “sintomo” del malessere sociale che serpeggia nel Paese a causa della crisi economica.

Niente di più falso. E non perché la crisi non ci sia, come suggerisce qualcuno, o sia già passata, come azzarda qualcun altro. Si tratta di un falso perché queste esplosioni di violenza non hanno niente a che vedere con la crisi, o con il malessere sociale che ne consegue. I black block devastavano le capitali d’Europa anche quando il pil del Vecchio Continente cresceva a ritmi sostenuti. E i Cobas di Pomigliano d’Arco si scontravano con la polizia anche quando Fiat non minacciava di chiudere le fabbriche.

La crisi, quella vera, non c’entra con questi gruppi di esagitati che fanno della violenza il proprio modo d’essere e la propria strada verso la visibilità mediatica. La crisi è quella delle famiglie che faticano a pagare il mutuo o che stentano ad arrivare alla fine del mese. È quella delle piccole e medie imprese strangolate da un sistema creditizio obsoleto. Quella dei giovani che non riescono a trovare lavoro o che sono costretti ad accettarne uno sottopagato. Quella dei lavoratori dipendenti con gli stipendi più bassi d’Europa. Utilizzare questa crisi per “spiegare” le violenze di sindacalisti estremisti o studenti anomali non è solo scorretto: è un modo, neppure troppo raffinato, per dipingere queste violenze con una sfumatura di dignità “sociale” che non possiedono e non hanno mai posseduto.

(domani in edicola su Liberal quotidiano)

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