Prima hanno tentato, in ogni modo, di impedirgli l’ingresso in Senato. Poi hanno cambiato idea. Adesso, dopo aver scoperto che ha raccolto fondi per l’ultima campagna elettorale di Rod Blagojevich (il governatore dell’Illinois che lo ha scelto per sostituire Barack Obama al Congresso), vorrebbero disperatamente non aver cambiato idea. E cercano di spingerlo verso le dimissioni. Il rapporto tra i leader del partito democratico statunitense e Roland Burris, unico senatore afro-americano in carica, sfiora i confini della schizofrenia politica. Ma chi è esattamente Burris? E come è arrivato nell’occhio di un ciclone politico che ha messo in grave imbarazzo l’amministrazione Obama ancora prima dell’insediamento ufficiale del neo-presidente?
Burris, lo scorso 30 dicembre, è stato scelto Blagojevich per rappresentare lo stato dell’Illinois al Senato, dopo che lo stesso governatore era stato accusato (e addirittura arrestato) per aver cercato di “vendere al miglior offerente” il seggio occupato fino a qualche mese prima da Obama. Una scelta, questa, prima rifiutata dal leader della maggioranza democratica Harry Reid, e poi accettata – obtorto collo – dopo una sentenza della Corte Suprema dell’Illinois. Prima di allora, però, Burris era (almeno a livello nazionale) un perfetto sconosciuto.
Nato nell’agosto del 1937 a Centralia, nel sud dello stato, Burris ha nel suo curriculum una serie di primati piuttosto particolari. È stato il primo afro-americano a diventare National Bank Examiner al ministero del Tesoro. È stato il primo afro-americano ad essere eletto ad una carica statale in Illinois (comptroller, una sorta di “controllore” degli stipendi per gli impiegati pubblici). È stato il secondo afro-americano a diventare Attorney General, conquistando però un barlume di notorietà - suo malgrado - soltanto per la corresponsabilità nel terribile errore giudiziario che coinvolse il diciannovenne Rolando Cruz nel 1995.
Nel corso della sua carriera politica, Burris ha sempre avuto uno scarsissimo feeling con la vittoria: sconfitto nel 1976 nel suo primo tentativo di diventare comptroller; sconfitto alle primarie democratiche per il Senato nel 1984; sconfitto alle primarie del 1994 per la corsa a governatore; sconfitto nel 1995 (da Richard M. Daley) alle elezioni per il sindaco di Chicago; sconfitto ancora una volta alle primarie per il governatore nel 1998 e nel 2002 (malgrado l’appoggio di un certo Barack Obama). A batterlo, in quest’ultimo caso, fu proprio Rod Blagojevich.
E qui il cerchio si chiude. Per fare un “dispetto” ai colleghi democratici che volevano le sue dimissioni dopo l’apertura dell’inchiesta federale per corruzione (inchiesta ancora in corso), Blagojevich ha nominato come sostituto di Obama un personaggio minore, un “loser” con due caratteristiche principali: essere amico di Obama e portare rancore verso l’establishment democratico di Chicago che lo ha così spesso ripudiato. Oggi, con l’esplosione dell’ultimo scandalo che lo coinvolge - e che mette, ancora una volta, in crisi la leadership del suo partito al Senato - possiamo renderci perfettamente conto di quanto la vendetta di “Blago” fosse spietata e sofisticata.
(domani su Liberal quotidiano)
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