Il centrodestra italiano ha sempre avuto, con Internet, un rapporto a dir poco schizofrenico. Il più grande aggregatore di blog nel nostro Paese è nato proprio sulla “riva destra” del cyberspazio: un esperimento copiato anche dalla sinistra, che in genere nell’utilizzo dei new media è avanti anni-luce. Eppure la “classe dirigente” di quest’area politica quasi non se n’è accorta, tanto che alla vigilia delle ultime elezioni politiche il portavoce del futuro premier, Paolo Bonaiuti, andava ripetendo (agli organi d’informazione contigui alla sinistra) che il centrodestra era «praticamente assente dal mondo del web». La soluzione prospettata da Bonaiuti per colmare questa presunta assenza, poi, era un capolavoro di surreale ingenuità: «Ci stiamo attrezzando con alcuni giovani per essere presenti nella campagna elettorale che incombe su questo mezzo che è prediletto particolarmente dai giovani». Come dire: non ho la più pallida idea di quello che di cui sto parlando, ma mi hanno detto che Internet è cool per i ragazzini, dunque ne ho chiamati un po’ per vedere di che si tratta. Imbarazzante.
Questa schizofrenia di fondo è riemersa nelle ultime ventiquattr’ore. Il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, ha annunciato di aver aperto un canale personale su YouTube allo scopo di costruire un luogo virtuale «in cui il ministro si confronterà con i ragazzi attraverso video domande o commenti che tutti potranno inviare». Un’iniziativa lodevole (anche se probabilmente un po’ tardiva), proprio come quella organizzata - sempre ieri, alla Camera - dal responsabile Internet di Forza Italia, Antonio Palmieri, con un interessante convegno in cui è stata analizzata la strategia online di Barack Obama e presentato in anteprima un censimento sull’uso di Facebook da parte dei politici italiani.
Peccato che, appena un giorno prima, Silvio Berlusconi avesse dimostrato - per l’ennesima volta - tutta la fatica culturale che incontra il centrodestra italiano nel comprendere il fenomeno Internet. Di ritorno da una visita (poco proficua, evidentemente) al “polo tecnologico delle Poste”, il Cavaliere ha lasciato tutti di stucco affermando che «Internet deve essere regolamentata». E che lui stesso porterà questa esigenza al prossimo G8 (o G20) a presidenza italiana. «Ho visto - ha detto Berlusconi - che per quanto riguarda Internet manca una regolamentazione comune. Porteremo dunque sul tavolo una proposta internazionale, essendo Internet un forum aperto a tutto il mondo».
Apriti cielo! Sulla rete hanno iniziato a circolare tutte le possibili ipotesi di censura, sono resuscitate le salme dei “comitati boicotta il biscione”, si è scatenata una corsa alle teorie cospiratorie sulla volontà del gruppo Mediaset di sbarazzarsi in un solo colpo di tutti i nuovi media, neanche fossero una Sky qualsiasi. La verità, purtroppo, è molto più semplice. Berlusconi, come Bonaiuti, parla di cose che non conosce (e che, peggio, non ha alcuna intenzione di conoscere). Del resto, appena qualche mese fa, aveva dichiarato di essere «troppo vecchio per Internet». Ecco, forse sarebbe meglio tornare a quel salutare bagno d’umiltà. Lasci stare queste diavolerie moderne, Cavaliere, perché aveva ragione Wittgenstein: su quello che non si conosce, sarebbe meglio tacere.
(domani su Liberal quotidiano)
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