martedì 15 dicembre 2009

Il volto oscuro dell'ambientalismo

Con un breve saggio che prende spunto dall'ultimo libro del francese Laurent Larcher sul “volto oscuro dell'ambientalismo”, parte con il numero in edicola oggi la collaborazione dell'ottimo Marco Respinti con Liberal quotidiano. Per dargli il benvenuto, pubblichiamo uno stralcio del suo articolo.

(...) sulle “ecoballe” esiste oramai anche in italiano una buona bibliografia specifica. Eppure il nodo autentico della vicenda ancora non è questo. Per ciò appare assolutamente indispensabile la lettura de “Il volto oscuro dell’ecologia. Che cosa nasconde la più grande ideologia del XXI secolo?”, il libro di Laurent Larcher, appena edito in versione italiana dalla torinese Lindau. (...) Un giornalista di altro profilo, certamente engagé, ma altrettanto certamente non descrivibile come un “reazionario oscurantista”, che ha il coraggio di chiamare le cose con il nome che hanno: per esempio “ideologia” l’ecologismo, anzi l’ideologia maggiore che stia funestando questo primo decennio di millennio nuovo. Perché? Perché ad avviso di Larcher, ed egli lo dimostra con raffinatezza e precisione nel libro, il “pensiero verde” è attualmente la punta più avanzata e acuminata del sentimento antiumano: anzi, un pensiero radicalmente anticristiano poiché antiumano e antiumano giacché anticristiano, così corroborando l’idea che la cultura cristiana sia latrice dell’unico, vero umanesimo possibile e riconquistando l’idea “umanista” alla tradizione cristiana.

Quello del giornalista francese, insomma, non è un libro in più nel novero di quanti si peritano, opportunamente, di smontare a norma di scienza vera le illazioni ecologiste; è un libro molto diverso, persino più importante di altri scritti sul tema proprio perché si spinge alla radice del pensiero verde. Questa sua “contro-bibbia” dell’ambientalismo coglie infatti in castagna le premesse filosofiche su cui la grande bugia verde è stata costruita nel tempo, ravvisandoci un coacervo eterogeneo di teorie smozzicate e d’idee peregrine mescolate in un calderone talvolta contraddittorio e caotico, ma solo apparentemente inconcludente. Dottrine, pensieri e parole che riguardano la teoria del “pianeta vivente” Gaia, il mito di un “paradiso perduto” di foggia solo materiale e materialistica, l’idea del “buon selvaggio”, l’animalismo più radicale e persino le fantasie su Atlantide si rincorrono e si abbracciano dentro il pentolone dell’ecologismo profondo, cercando di emarginare l’essere umano dal panorama di una natura presupposta pura e incontaminata. (...) Se l’uomo è un virus, infatti, anzi l’unico solo virus davvero nocivo a una natura altrimenti bastevole a se stessa e autoconservativa, ogni azione umana è in quanto tale intrinsecamente errata e dannosa. Ecco qua come l’ideologismo del “mito verde” persegue la propria battaglia radicale contro l’uomo in forma debolista, rinunciando cioè alla verità delle cose sulla natura e sull’uomo, e introducendo un catechismo di superstizioni desunto dall’ampio catalogo delle contro-verità illuministiche, progressistiche e neopagane. Contro l’uomo creatura, quindi, e contro il suo Creatore, in una versione ammodernata della vecchia hybris giacobina, comunista e nazionalsocialista.


Diversi lo sono solo in apparenza i padri di questo pensiero irriducibilmente contrario all’uomo, pensatori che si rifiutano di riconoscerne il ruolo di steward di una natura che, in realtà, senza la continua azione trasformatrice proprio dell’uomo in breve soccomberebbe a se stessa. Dal fondatore dell’“ecosofia”, il norvegese Arne Naess (1912-2009), al teorico di Gaia James Lovelock, dal padre del neopaganesimo contemporaneo “di destra” Alain De Benoist” al padrino del neopaganesimo sessantottino di sinistra Daniel Cohn-Bendit, dal teologo tedesco della disubbidienza Eugen Drewermann al grande profeta dell’ambientalismo odierno, l’ex vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore: in ognuno di costoro decisivo è il disprezzo verso l’uomo e le sue realtà, l’odio per le sue intraprese e la sua libertà responsabile, il ribrezzo nei confronti della sua dimensione creaturale e la sua signoria graziosa sul mondo animale, vegetale e minerale (...).

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