domenica 8 ottobre 2006

The List

Circola una lista, a Washington, con i nomi di tutti i repubblicani gay (Oh My God!) che lavorano al Congresso. La lista, compilata da attivisti vicini al partito democratico, è stata spedita via email a molte organizzazioni della Destra Religiosa vicine al partito repubblicano, nella speranza di provocare un moto di sdegno tale da influenzare negativamente la mobilitazione della Christian Right alle elezioni di novembre.

David Corn, corrispondente da Capitol Hill del settimanale liberal The Nation, dice di avere una copia di questa lista, che comprenderebbe "nove capi dello staff, due addetti-stampa e due direttori delle comunicazioni". Corn, bontà sua, non sembra avere intenzione di rendere pubblici questi nomi. Ma c'è da scommettere che nelle prossime settimane la lista inizierà a circolare, provocando un terremoto almeno pari a quello causato dalle dimissioni del deputato repubblicano della Florida, Mark Foley, reo di aver intrattenuto una relazione cybersex con un giovane stagista (il termine preciso è "paggetto") del Congresso.

Foley, accusato di pedofilia (anche se poi si è scoperto che il paggetto era maggiorenne), è stato costretto alle dimissioni da un attacco congiunto di Democratici & Media, coadiuvato da alcuni settori della Destra Religiosa. Alla fine della fiera, la sua colpa è quella di essere omosessuale. Ma questo, al partito di Slick Willy, è bastato per pretenderne (ottenendola) l'umiliazione pubblica.

Spot the Difference

Proviamo a ricapitolare. Foley ha fatto sesso virtuale con un paggetto maggiorenne del Congresso. De gustibus. Questo comportamento, non illegale, gli è costato il seggio a Capitol Hill, ha provocato un'ondata di repulsione in tutto il paese, ha spinto i media, i Democratici e una parte della destra americana (compreso il Washington Times) a chiedere le dimissioni dello Speaker repubblicano Dennis Hastert e, nei sogni più bagnati della sinistra a stelle e strisce, sta per provocare una disastrosa sconfitta elettorale per il GOP a novembre.

Facciamo un salto indietro nel tempo. Nel 1983, un deputato democratico del Massachusetts, Gerry E. Studds, ammise di aver avuto una relazione sessuale (non virtuale) con un "paggetto" del Congresso diciassettenne. Di fronte ai colleghi della Camera, che discutevano una mozione di censura, Studds diede provocatoriamente le spalle allo Speaker, per sottolineare il disgusto con cui affrontava un'indagine - da lui ritenuta illegittima - sulla propria vita privata. Il partito democratico, ben lungi dal chiederne le dimissioni, lo ricandidò con successo in altre cinque tornate elettorali, fino al 1997. Nel 2004, Studds si è sposato con il suo partner (no, non il paggetto), una settimana dopo che i matrimoni omosessuali erano diventati legali in Massachusetts.

Ci sta sfuggendo qualcosa, o due casi molto simili (con la differenza che nel primo si tratta di sesso virtuale e nel secondo di sesso reale) sono stati affrontati in maniera estremamente differente?

Provate a immaginare il Foleygate al contrario. Un deputato democratico è costretto a dimettersi perché omosessuale, sull'onda di un attacco personale architettato dalla vast right-wing conspiracy alla vigilia delle elezioni. Lo Speaker democratico della Camera spinto a gran forza verso le dimissioni da lobby evangeliche e neocon (i neocon c'entrano sempre). Una lista di deputati e staffers democratici - tutti, rigorosamente, gay - che inizia a circolare nelle redazioni dei giornali, come ai bei tempi del Senatore Joe McCarthy. Solo che questa volta non si tratta di spie sovietiche insediate nelle posizioni strategiche del Dipartimento di Stato, ma di giovanotti allegri a cui piace la compagnia dello stesso sesso (Oh My God!). Provate a immaginare la reazione dei mainstream media. Provate a immaginare gli strilli di disapprovazione degli intellettuali della sinistra: "Questi Repubblicani - razzisti, guerrafondai, omofobi e, sotto sotto, un po' pervertiti - sono una minaccia per l'umanità".

Il problema è che qualche volta (anzi, ormai sempre più spesso) capita che anche gli immacolati Democratici kennedyani (a proposito di pervertiti) si travestano da razzisti e da omofobi. La differenza, non di poco conto, è che con l'aiuto della "stampa indipendente" la sinistra riesce sempre a trovare il modo di farla franca. E non soltanto negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo. Provate a immaginare il caso-Telecom a ruoli invertiti, con Berlusconi al posto di Prodi e Bonaiuti al posto di Rovati. Oh My God!

p.s. Alla mezzanotte di oggi parte, su PigiamaMedia.com, un interessante progetto di new journalism ideato da Valerio Lo Monaco di RadioAlzoZero. I dettagli dell'iniziativa sono pubblicati qui, ma l'aspetto che ci interessa di più è che PigiamaMedia sarà (anche) un luogo in cui blogger di diverse sensibilità politiche potranno confrontarsi apertamente, in maniera assolutamente civile. The Right Nation, che insieme ad altri amici di TocqueVille parteciperà a PigiamaMedia fin dalle sue battute iniziali, augura a Valerio e a tutti coloro che sono coinvolti nell'iniziativa la migliore fortuna possibile per una buona riuscita del progetto.

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