mercoledì 30 settembre 2009

Red Virginia?



Dopo qualche segnale preoccupante da Rasmussen (+2), Washington Post (+4) e InsiderAdvantage (+4), dall'ultimo sondaggio SurveyUsa sulla Virginia arrivano nuovamente segnali incoraggianti per il candidato repubblicano, Bob McDonnell, che avrebbe (nonostante qualche perplessità sugli internals) un solido vantaggio di 14 punti percentuali (55%-41%) nei confronti del democratico Creigh Deeds. Survey Usa a parte, comunque, è interessante notare come negli ultimi tre mesi Deeds - malgrado la flessione di McDonnell - non sia mai andato oltre il 44% (con l'isolata eccezione del Washington Post, che naturalmente si è distinto per una violenta e sgangherata campagna anti-McDonnell), scivolando spesso sotto la soglia del 40%. Una performance davvero pessima per un incumbent “di fatto”.

Nota. Aneddoto interessante: nella sua carriera politica Creigh Deeds ha partecipato a 11 tornate elettorale, perdendo una sola volta (nella corsa per attorney general del 2005). Quella volta, a sconfiggerlo (per soli 323 voti) fu un tale Bob McDonnell.

UPDATE. È uscito oggi il nuovo sondaggio di Rasmussen Reports sulla Virginia (che stranamente ancora non è compreso nel grafico di Pollster.com): McDonnell è passato dal +2% (48-46) di metà settembre al più rassicurante +9% (51-42) di oggi.

giovedì 24 settembre 2009

«Post-American Speech»

Il commento più azzeccato sul discorso di Barack H. Obama all'assemblea delle Nazioni Unite l'ha fatto John Bolton (ex ambasciatore Usa all'Onu), in una dichiarazione rilasciata a Robert Costa della National Review. «È stato - dice Bolton - il primo discorso post-americano del primo presidente post-americano». A qualcuno, a molti forse, tutto questo farà piacere. Noi continuiamo a preferire l'America. Sullo stesso argomento, da leggere anche Michael Barone sul Washington Examiner.

lunedì 21 settembre 2009

La frase del giorno

Trovo che operazioni editoriali come quella dell'ex speechwriter di Bush, Matt Latimer, siano un misto di cattivo gusto e “alto tradimento”. Ma questo non toglie che una delle frasi attribuite all'ex presidente (se vera) possa essere consegnata agli annali del politicamente scorretto e portata ad eterno esempio del George W. Bush che abbiamo amato.

Parlando di Jimmy Carter: «If I'm ever eighty-two years old and acting like that have someone put me away» (Traduzione libera: «Se a 82 anni sarò così, chiamate qualcuno per farmi fuori»).

giovedì 17 settembre 2009

The Tide has Turned

Eletto sull'onda della crisi finanziaria con aspettative altissime per la gestione dell'economia, il presidente Obama - secondo l'ultimo sondaggio di Gallup - ottiene gli indici di gradimento più alti per l'Iraq (56%) e i più bassi proprio per l'economia (46%), la sanità (43%) e il deficit (38%). Intanto, per Rasmussen Reports, il “rimbalzino” post-discorso-al-Congresso si è già esaurito. E Obama è tornato al -8% nel Presidential Approval Index e al 47% nel Job Approval.

martedì 15 settembre 2009

Questa pazza pazza America

I casi sono due: o l’America è impazzita o il “primo emendamento” della sua Costituzione (quello sulla libertà di parola) sta conoscendo un momento di assoluto splendore. Qualunque sia l’interpretazione che si voglia dare al fenomeno, non c’è dubbio che negli States qualcosa stia accadendo. Pensiamo soltanto alla cronaca degli ultimi giorni. Il congressman repubblicano della South Carolina, Joe Wilson, durante il discorso del presidente al Congresso sulla riforma sanitaria, si permette di urlare quello che molti cittadini statunitensi (più della metà, secondo i sondaggi) pensano, ma che nessuno aveva ancora avuto il coraggio di sussurrare in pubblico: «Obama è un bugiardo!».

Apriti cielo. I democratici si scandalizzano (dimenticandosi che Bush=Liar era il meme più affettuoso utilizzato dall’opposizione nei confronti del presidente uscente) e si appellano al rispetto dell’etichetta parlamentare. Intanto Wilson conosce il suo “quarto d’ora di celebrità”, migliaia di t-shirt in suo onore (I’m with Joe Wilson!) vengono stampate e vendute da costa a costa. E soprattutto centinaia di migliaia di dollari piovono nelle casse del suo war-chest elettorale per il 2010, ma anche in quello del suo rivale democratico. Il (maleducato) battito d’ali di farfalla a Capitol Hill rischia di provocare un terremoto a Columbia (capitale della South Carolina e città principale del 2° distretto della Camera, collegio in cui è stato eletto Wilson).

Ma non basta. Pochi giorni dopo, nel momento cruciale della semifinale femminile degli US Open di tennis, la “schiacciasassi” (o almeno, “schiacciaPennetta”) Serena Williams minaccia di morte una giudice di linea che le ha contestato un “fallo di piede” durante un match-point dell’avversaria. Anzi, come ha giustamente sottolineato Serena all’arbitro cercando di giustificarsi, non si tratta di una vera e propria minaccia di morte, perché - con il copioso condimento di una decina di “fucking” - la tennista avverte la giudice che «rimpiangerà di non essere morta». A completare il quadro splatter, la minaccia - questà sì - di far ingoiare un paio di palle da tennis alla malcapitata.

L’outburst di maleducazione che ha fatto più discutere gli americani negli ultimi giorni, però, è stata senz’altro la sceneggiata del rapper Kanye West agli Mtv Video Music Awards di domenica scorsa. In finale per il miglior video “femminile” ci sono Beyonce (moglie dell’altro rapper Jay-Z, grande amico di West) e la giovanissima Taylor Swift (cantautrice pop-country della Pennsylvania). Vince la seconda.

Il buon Kanye, visibilmente alticcio (lo hanno visto passeggiare per il red carpet con una bottiglia di bourbon mezza vuota) non accetta con sportività la sconfitta di Beyonce. E decide di farlo sapere a tutti, in diretta televisiva, salendo sul palco durante il tradizionale discorso di ringraziamento della Swift, strappandole di mano il microfono e biascicando tutto il suo disappunto per la decisione della giuria. Sguardi imbarazzati tra gli organizzatori, una marea di “boo” dalla platea e rapido segmento pubblicitario mandato in onda da Mtv per togliersi dall’impaccio mentre West viene trascinato via dalla sicurezza.

Ri-apriti cielo. Taylor Swift viene vista piangere in camerino, distrutta dall’episodio (il più bel giorno della vita di una diciannovenne rovinato da un ubriacone), mentre gli Stati Uniti si sollevano - come un sol’uomo - contro la maleducazione di West, che viene costretto a scusarsi per l’accaduto sul suo blog, a furor di popolo. Il rapper scrive di essere «sooooo sorry» (con cinque “o”) per aver rovinato la festa di Taylor e chiede scusa a lei, ma anche ai suoi “fans” e ai suoi «amici di Mtv».

L’episodio, anzi il trittico di episodi, potrebbe finire qui. Per essere archiviato come una serie di spiacevoli “mattane” di fine estate accadute in un Paese grande anche nei suoi eccessi (e nel rilievo mediatico che viene attribuito ai suoi eccessi). Se non fosse che, proprio ieri, il caso Swift-West ha avuto una coda presidenziale.

Registrando un’intervista per il canale televisivo Cnbc, Barack Obama si è lasciato scappare un commento - rigorosamente off-the-record - sullo “scandalo Mtv”, definendo Kanye West un «jackass» (qualcosa di un po’ più volgare di «coglione»). Immediatamente, il giornalista di Abc News Terry Moran, probabilmente con un telefono cellulare, ha riportato il commento sulla sua pagina di Twitter (che conta oltre un milione di iscritti), gettando nel panico la “twittersphere”, la “blogosfera” e qualsiasi altra sfera vi possa venire in mente.

Ri-ri-apriti cielo. Il post, nel giro di pochi minuti, è stato rimosso dalla pagina di Moran. Ma ormai il danno era fatto, scatenando una discussione infinita sul web (che sta proseguendo anche mentre vengono scritte queste righe) e costringendo Abc a un comunicato ufficiale di scuse: «Un impiegato di Abc ha frettolosamente “tweettato” uno stralcio di un commento del presidente che si è poi rivelato appartenere ad una porzione off-the-record dell’intervista. Il tutto è avvenuto prima che il nostro processo editoriale potesse essere completato. Ci scusiamo con la Casa Bianca e con Cnbc e abbiamo compiuto i passi necessari per assicurarci che un episodio del genere non si verifichi più».

È davvero pazza quest’America. Quando Wilson ha dato del bugiardo a Obama, i repubblicani ne hanno fatto un eroe e i democratici un demonio. Quando West e la Williams hanno dato fuori di testa, la stragrande maggioranza del Paese li ha attaccati, ma qualcuno è arrivato a ipotizzare un “complotto razzista” nei loro confronti. Adesso che il presidente interpreta (una volta tanto) lo “spirito della nazione”, dimostrando di saper riconoscere un “jackass” quando lo vede, la Abc si scusa al posto suo e cerca di nascondere la notizia. Il primo emendamento è uguale per tutti. Ma c’è sempre qualcuno più uguale degli altri.

(domani in edicola su Liberal quotidiano)

venerdì 11 settembre 2009

9/11

«Present!»

President Obama's address last night was little more than a campaign speech with the Congress as the set piece. Evaluated from that perspective, it was a success. But from the perspective of finding a policy solution - i.e. actual governance - it contributed nothing to health care reform. The President had to give yesterday's speech for a simple, straightforward reason: his party is divided on a few key issues, above all the public option. This is what forced the delay through August, at which point the opposition was able to seize the microphone from government leaders and drive their poll numbers down. To ameliorate this dilemma, the President chose to give last night's speech. In it, he:

(1) Focused on items that unite the Democrats.
(2) Blasted Republicans while praising bipartisanship.
(3) Indulged in rhetorical flights of fancy that have become his stock in trade.
Jay Cost, Real Clear Politics

giovedì 10 settembre 2009

Parole sante

«Quante volte si è riunito l’organismo di vertice del Pdl? Quante volte la direzione? Non mi risulta si sia mai riunita. Quando chiedo più confronto, più dibattito, più democrazia interna lo dico perché sono convinto che questo non è lesa maestà, questo non mina la leadership, ma la rafforza, la mette al confronto con il corpo vivo del partito». Gianfranco Fini, 10 settembre 2009, Gubbio.

Parole sante, quelle del presidente della Camera. Poi, magari, un giorno ci spiegherà quale fosse il grado di “democrazia interna” in Alleanza Nazionale prima del suo scioglimento nel Pdl.

martedì 8 settembre 2009

Notapolitica.it

Negli ultimi giorni abbiamo avuto problemi con il server di Notapolitica.it (hard disk bruciato, raid capriccioso...). Adesso è tutto a posto: appuntamento a domani mattina con il primo aggiornamento della rassegna stampa italiana ed estera.

Why?

Perché la stampa americana (per non parlare di quella nostrana) ha ignorato lo scandalo Van Jones? Byron York, sul Washington Examiner.

venerdì 4 settembre 2009

Obama's Truthers

Van Jones, consigliere speciale per i green jobs dell'amministrazione Obama, si è scusato per essere stato scoperto tra i firmatari (era il 46°) di una petizione in cui si sosteneva che George W. Bush aveva organizzato 9/11 come pretesto per invadere l'Afghanistan e l'Iraq. Che un blogswarm possa seppellirlo, tra le risate generali.

Round-Up. Gateway Pundit, The Jawa Report, National Review Online, Green Sheet, Stop The ACLU, Hot Air, TBogg, Political Punch, NewsReal Blog, Scared Monkeys, Power Line, The TrogloPundit, Michelle Malkin, The Corner, The Foundry, Don Surber, Washington Times, QandO, Blue Crab Boulevard, Commentary, Another Black Conservative, Scared Monkeys, Jules Crittenden, Wizbang, The Sundries Shack, Stop The ACLU, Hot Air

Double Misunderstanding

«Quando ci sono cose da sapere io non ho bisogno di Internet perché ho Gianni Letta che è un Internet umano». Con una sola frase, Silvio Berlusconi dimostra di non sapere cosa sia Internet e chi sia Gianni Letta.

mercoledì 2 settembre 2009

Sorpasso/2

Nell'ultimo sondaggio sul Generic Congressional Ballot di Rasmussen Reports, i repubblicani (43%) hanno portato a 7 punti percentuali il vantaggio nei confronti dei democratici (36%), che oggi si trovano al livello più basso degli ultimi anni. In questa estate, il GOP ha oscillato tra il 41% e il 43%, mentre i Dems tra il 37% e il 39%. Un anno fa, nell'estate 2008, i democratici oscillavano tra il 45% e il 48%, i repubblicani tra il 34% e il 37%. Con quest'ultima rilevazione salgono a dieci le settimane consecutive che registrano un vantaggio del GOP sui rivali.

«È troppo presto perché i repubblicani possano festeggiare - avverte però Scott Rasmussen - Questi numeri rappresentano sicuramente una debolezza per i democratici, ma è importante ricordare che alle elezioni di mid-term mancano ancora 14 mesi. C'è tutto il tempo perché il partito del presidente possa trovare una forma efficace di damage control e raccogliere i pezzi di quello che è stato un agosto difficilissimo».

martedì 1 settembre 2009

Sorpasso



UPDATE. Se nel grafico (che si aggiorna automaticamente) le due linee non si toccano, è perché in soccorso di The One è arrivata la cavalleria.