martedì 27 novembre 2007

Il Polo diviso fa pace su Internet (da Libero)

Francesco Specchia, su Libero del 27 novembre

Dio benedica i bloggers: hanno il futuro della politica sulla punta del mouse, e ancora non lo sanno. Accade che, mentre nel mondo reale il centrodestra si sfalda, s'intruglia e si coagula vischiosamente come una macchia di Rorschach, in quello del web (la Blogosfera ispirata al modello francese di Sarkozy, assai à la page) le idee e il concetto di partito unico sono già una certezza. Certo, è Internet ma è un buon inizio. Accade che sotto l'"ombrello" di Tocqueville, la cittadella-piattaforma che raduna 1300 blog per 15/18mila utenti unici di media al giorno, si organizzino le masse critiche di laici, cattolici, liberali, radicali, finiani di An, e destri storaciani («La Santanchè li ha resi presentabili, anche se diciamo che non rientrano nel concetto di destra liberale e conservatrice»). Perfino leghisti e liberal un po' di sinistra. Tutti uniti in quadrata falange per un unico scopo: far cadere Prodi, dare una rassettata alla democrazia, e convergere - per una volta - più sugl'ideali che sulle poltrone.

Tocqueville è la città dei liberi, in cui 20 volontari, per 3-4 ore al giorno, filtrano articoli, opinioni, disamine, strategie elettorali dalla Sicilia alla Lombardia, dalla Spagna alla Germania. E soprattutto non censura le opinioni-contro, come spesso fanno i Grillo o i Luttazzi...», afferma Andrea Mancia, vicedirettore di Liberal e co-fondatore di Tocqueville. Mancia è uno che ha visto lungo. Anche se in Internet Silvio Berlusconi ci crede poco (e il responsabile di Forza Italia Antonio Palmieri si batte come un leone per far passare il messaggio), il web potrebbe davvero fare la differenza. Potrebbe davvero avere la funzione aggregatrice della piazza che fu la risorsa inaspettata del Polo nel '94. Grillo insegna: mai sottovalutare un blogger, specie se incazzato. Perché ci sono 150 milioni di bloggers al mondo: quattro solo in Francia e più di quindici negli Usa, dove con un'azione straordinaria di giornalismo d'inchiesta fecero dimettere il decano dei cronisti Dan Rather, beccato su una bufala. Il ritmo mondiale della loro attività cresce di sei post al secondo «ma durante le elezioni, coi live blogging, le dirette dei dibattiti politici si toccano, solo da noi, i 100mila utenti al giorno», ricorda sempre Mancia.

«Tocqueville nacque tre anni fa; eravamo tre amici al bar che se la raccontavano tra loro. Finché un giorno un blogger ci fece notare che il monopolio del web non era della sinistra; che c'erano almeno 150 utenti da questa parte della barricata che necessitavano solo di un punto di riferimento» ricorda Cristina Missiroli, l'altra giovane fondatrice oggi responsabile della parte web della brambillesca tv delle Libertà, «così pubblicammo i loro nomi. E si unirono in centinaia. Tocqueville divenne un formidabile rilanciatore di visite. Un fenomeno esponenziale. Se ne accorse anche Google che oggi ha intuito le potenzialità dell'inserimento di pubblicità nei diari condivisi...». Si chiama in gergo "il potenziale della coda": puntare sui piccoli gruppi di fedelissimi, le minoranze delle minoranze, praticamente un porta-a-porta al silicio. Ed è per questo - per l'effetto negromantico della "democrazia dal basso" - che alcuni politici e giornalisti lungimiranti, oggi, fondano e affondano blog con forsennata frequenza.

Benedetto Della Vedova e Marco Taradash, che coi suoi riformatori-liberali insiste sul concetto di"lobby trasversale"; il friulano Renzo Tondo e l'ex presidente del Senato Marcello Pera, a dire il vero oggi un po' loffio dopo i primi entusiasmi; il radicale libero David Parenzo che sfrutta la grancassa del circuito di Telelombardia e la coppia Loquenzi-Quagliariello perno dell"Occidentale"; Antonio Galdo e la redazione dell'Indipendente; Fausto Carioti di Libero con "A Conservative Mind" e Giorgia Meloni, giovanissima vicepresidente della Camera che sguinzaglia con ammirato zelo i suoi bloggers del circolo della Garbatella di Azione Giovani sulle tracce capitoline degli sfasci veltroniani. Poi c'è la novità del blog di Paolo Liguori, "Fatti e misfatti" con l'appendice di selezione video di "Presa diretta", un sistema integrato al TgCom dicui Liguori stesso è direttore. «Siamo nati solo da tre giorni e il successo è sorprendente. Liguori butta lì un argomento provocazione, che magari non può o non vuole approfondire nei canali istituzionali Mediaset; e la risposta è immediata. «Sul caso delle staminali e dei vigili dalla multa selvaggia si è scatenato l'inferno», commenta Stefano Ventura del TgCom. Per fare la rivoluzione - diceva Woody Allen- ci vogliono due cose: qualcuno contro cui rivoltarsi, e qualcuno che si presenti e faccia la rivoluzione. Prodi - si diceva - è per tutti la minaccia comune, il male da estirpare. E i rivoluzionari, i bloggers di centrodestra, ora continuano a presentarsi come alla visita di leva. Strani animali, i bloggers. Li osservammo un anno fa al loro primo convegno nazionale che aveva per pretesto il destino dell'informazione; ma, in realtà, era un incontro tra compagni di mouse che volevano vedersi finalmente in faccia.

I bloggers sono, in genere, studenti o giovani insegnanti a contratto, o impiegati d'azienda, che si mettono in ferie per inseguire un ideale. Parti osservandoli come nerds dalle polo lise, volti occhialuti alla Alain Finkielkraut, il sociologo che guardava il passato con nostalgia proustiana; poi ne diffidi quando, da matti, si chiamano tra loro solo coi nickname, gli pseudonimi usati in Rete («Ciao sono Right Nation», «Piacere mio io sono "Guerrecivili", ti presento "Starsailor"»); al massimo li rivaluti come tarli famelici delle e-mail, le meningi spremute, il lavorìo sulla tastiera. Ma, infondo, a sfruculiarli bene, li riscopri anime belle, futuristi del podcast, coi fumetti di Dylan Dog e i libri di Fukuyama sotto braccio, e con la fissa d'esportare la democrazia. «Sono quelli che ci credono veramente» commenta - voce dissonante - Marco Masieri, amministratore con Marco Montemagno di Blogosfere, la più grande piattaforma di blog (non solo politici) italiana «perché in Italia, in verità, i politici non hanno un gran concetto della politica web. Se ne accorgono solo con l'approssimarsi delle elezioni. Alla conferenza stampa di DiPietro su Second Life ci contavamo sulle dita. Di testate giornalistiche, poi, c'era solo il Corriere della sera». Eppure, se c'è ancora una speranza, oggi ha il suono secco d'un clic.

© Libero. Pubblicato il 27 novembre 2007.

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